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Esplora l’arte e la cultura vibrante dell’Italia, visita opere incantevoli e lasciati coinvolgere dalla sua storia millenaria

Dalle rovine archeologiche di Roma e Pompei ai pittoreschi borghi medievali della Toscana, l’Italia è una terra ricca di arte e cultura. Immergiti nei luoghi storici italiani e nei suoi tanti siti UNESCO per un viaggio culturale alla scoperta della patria di alcuni dei più importanti pittori, scultori e architetti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia.
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Arte e cultura
Le vie di Marco Polo

Le vie di Marco Polo

È il 1271 quando un giovane ragazzo di nome Marco Polo parte per la Cina per accompagnare il padre in una spedizione commerciale. Il lungo viaggio per l'Oriente, sulla “Via della seta”, dura più di tre anni a causa del maltempo, guerre e malattie, ma la sua permanenza in Oriente dura 25 anni, un arco di tempo in cui il veneziano conquista la fiducia dell'Imperatore a tal punto da diventarne consigliere e alto funzionario. Marco Polo nasce a Venezia nel 1254 in una famiglia di mercanti e per le sue straordinarie imprese, tra realtà e mito, è sicuramente uno dei personaggi più noti della storia della Serenissima. Non solo per il suo lunghissimo viaggio e i suoi anni di soggiorno in Levante, in particolare in Cina, ma anche per il racconto che ci ha lasciato di questa esperienza. Il libro noto come “Il Milione” o “Il libro delle meraviglie” è infatti considerato il primo attendibile e completo resoconto dell'Oriente e il primo contributo alla reciproca conoscenza tra Asia ed Europa. Contiene descrizioni non solo della Cina e del continente asiatico, ma anche, per la prima volta, del vasto mondo delle isole, dal Giappone al Madagascar. Il viaggio di Marco, insieme al padre e allo zio, parte da Venezia e attraversa Turchia, Persia, Afghanistan e il Deserto del Gobi. Nel 1275 i tre viaggiatori giungono nel Catài, nella Cina del Nord, Gran Kan dei Mongoli. Il Gran Khan Kublai, imperatore mongolo allora governante della Cina, considera Marco un ragazzo brillante che parla bene le lingue e gli affida il compito di gestire l'amministrazione in varie parti dell'Impero. Marco torna a Venezia nel 1295, all'età di circa 40 anni, dopo aver vissuto diciassette anni in Cina e altri sei o sette in viaggio. Poco dopo prende parte ad una battaglia navale tra veneziani e genovesi, durante la quale viene fatto prigioniero. È in questa circostanza che racconta le sue memorie a Rustichello di Pisa ed è qui che nasce il Milione, un capolavoro della letteratura di viaggio e tra le prime enciclopedie geografiche. Un trattato storico e geografico, un libro di esplorazioni, ancora oggi considerato un pilastro della cultura letteraria italiana per la sua rilevanza. Il Milione di Marco Polo ne ha fatta di strada, e ancora ne farà, perché tante sono le curiosità che gli studiosi non hanno finito di indagare. A lui, viaggiatore veneziano per eccellenza, protagonista della Repubblica Serenissima, in occasione dei 700 anni dalla sua scomparsa, l'8 gennaio del 1324, la Città di Venezia dedicherà un anno di eventi diffusi per continuare a scrivere le pagine di un racconto immaginario mai terminato, ricco di avventure ed emozioni. L'Amministrazione Comunale, che promuove e coordina il programma correlato alle celebrazioni, intende affiancare alle iniziative promosse direttamente e a quelle predisposte da attori del territorio veneziano, anche altre progettualità indicate da soggetti operanti in Italia o all'estero.
Arte e cultura
Giorgio Andreotta Calò - Scultura lingua morta

Giorgio Andreotta Calò - Scultura lingua morta

Nel marzo 1944 Arturo Martini comincia a scrivere il suo celebre testo “La scultura lingua morta” che sarà pubblicato a Venezia, in cinquanta copie, nel 1945. Lo scritto è una sofferta dichiarazione sull’incapacità della scultura di essere viva e universale. Durante i terribili anni della Seconda guerra mondiale Martini, dalla posizione di massimo scultore italiano del suo tempo, attacca la scultura e ne mette in dubbio la possibilità di essere salvifica. Dalle riflessioni di Martini, autore fondante del gruppo di artisti che ai primi del ’900 si erano riuniti intorno al primo Direttore di Ca’ Pesaro Nino Barbantini e artista ampiamente rappresentato nelle raccolte civiche conservate dalla Galleria, prende avvio un dialogo, quasi un corpo a corpo, tra Giorgio Andreotta Calò, artista veneziano annoverato tra le voci più autorevoli dell’arte italiana a livello internazionale, e la città di Venezia, considerata nella sua plasticità e fisicità. La piccola ma preziosa esposizione di oggi rappresenta un viaggio nella lingua morta attraverso capolavori realizzati da Calò nell’arco di oltre vent’anni. Dalle celebri Clessidre, Pinne Nobilis, Carotaggi e una straordinaria serie di Meduse tra le quali l’esemplare entrato nella collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Di questo soggetto tanto caro all’artista veneziano, un esemplare inedito è presentato in un intimo colloquio con Testa di Medusa di Martini, opera proveniente dai depositi della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Ca’ Pesaro.
Arte e cultura
EVA JOSPIN. Selva

EVA JOSPIN. Selva

Eva Jospin (Parigi, 1975), conclusi gli studi accademici a Parigi nel 2002, è stata pensionnaire all’Académie de France presso Villa Medici a Roma nel 2016-2017. Da sempre la sua ricerca trae ispirazione dalla natura in tutte le sue articolazioni semantiche e visive, vale a dire colta tanto nel suo stato originario quanto nelle molteplici interpretazioni iconografiche e iconologiche che ne sono state offerte nel corso del tempo. Attraverso l’uso di materiali poveri – cartone, elementi e fibre vegetali, parti metalliche, tessuto – l’artista dà vita a composizioni plastiche anche di grande volume e dal forte impatto scenografico che evocano o ricreano a loro modo il mondo che è al centro dei suoi interessi: paesaggi, alberi, piante, rami, foglie, formazioni geologiche, brani di vegetazione, strutture architettoniche. Esse hanno un tono fiabesco, a tratti misterioso, quasi magico e inducono a riflettere su vari temi: la creatività e i processi operativi e intellettuali attraverso i quali essa si esplicita oggi come in passato, la percezione (i lavori di Eva Jospin modificano sensibilmente quella del luogo che li ospita, sia sul piano intellettuale che fisico), questioni ecologiche e ambientali. Le opere in mostra a Venezia lo testimoniano. Immaginate per l’occasione, esse dialogano non solo con il contesto storico e ambientale che le accoglie, Palazzo Pesaro degli Orfei, ma anche con le raccolte che custodisce, vale a dire la ricca e articolata produzione artistica di Mariano Fortuny, lasciando emergere impreviste, talvolta sorprendenti affinità estetiche e operative con la poetica del loro interprete.
Laghi
Lago di Nemi

Lago di Nemi

Nel territorio dei Castelli Romani, il borgo di Nemi è immerso da sempre nel verde di un bosco. La parola latina per bosco è “nemus”, ciò che spiega benissimo il nome e la sua antichità. Molto più recente ma non meno meritato è il riconoscimento del paese come Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, nel rispetto dei rigidi requisiti di qualità ambientale e turistica fissati in proposito. A partire dal nono secolo, Nemi era poco più che un castello dei conti di Tùscolo. Anche se nel tempo quel castello è diventato il rinascimentale Palazzo Ruspoli, la torre castellana delle origini ancora svetta sull’abitato. Qui la principale attrattiva turistica è costituita dal Lago stesso e dalla vegetazione circostante, dove si scende per un sentiero oppure per la Via del Tempio di Diana: una volta in basso, si può passeggiare lungo tutto il periplo dell’acqua per una lunghezza complessiva di circa sei chilometri. Culturalmente parlando, invece, non si può non rendere omaggio al Museo delle Navi romane. Il capannone degli anni ’30 del ‘900 dove si visitano i modelli delle due navi assieme a importanti ritrovamenti archeologici è peculiare per almeno due ragioni. La prima è che si tratta del primo caso italiano di edificio museale costruito ex novo per ospitare un contenuto e non viceversa, e la seconda che il contenuto perpetua la memoria di qualcosa di veramente unico. Già dal ’400 si sapeva che in fondo al lago giacevano gli scafi di due gigantesche imbarcazioni dell’età di Roma antica: il grande architetto e teorico rinascimentale Leon Battista Alberti le aveva individuate. Si trattava di due ornatissimi scafi-palazzo dove l’imperatore Caligola teneva feste o forse celebrazioni del culto di Diana alla quale il Lago era sacro. Recuperarle circa un secolo fa si è purtroppo dimostrato vano: nel 1944 i due scafi bruciarono completamente, sembra per l’incuria o per la deliberata volontà delle truppe tedesche occupanti. Nonostante tutto, il Museo è comunque estremamente evocativo.
Borghi
Gubbio

Gubbio

Una giornata a Gubbio, la città di pietra dell’Umbria È nota come la “città di pietra” e sorge sul fianco del monte Ingino: Gubbio vi conquisterà a prima vista con il suo fascino medievale tutto da scoprire nel suo labirinto di vicoli e stradine. La lunga storia di Gubbio Le origini di Gubbio affondano le radici nell’antica civiltà umbra, come testimoniato dalle cosiddette Tavole Eugubine scritte in lingua umbra e risalenti al III-I secolo a.C. Potete ammirarle nelle sale del Museo Civico a Palazzo dei Consoli. Il periodo d’oro di Gubbio ha inizio intorno al Mille, all’epoca dei Comuni. Sotto la guida del vescovo Ubaldo, nel 1100, la città vinse una guerra contro Perugia. Nel frattempo si diffusero le arti e i mestieri, tra cui la lavorazione delle maioliche. Con il 1300 la città assunse la forma che ha ancora oggi. È a quell’epoca che risalgono alcuni dei palazzi più belli di Gubbio. Una passeggiata in centro Cominciate il giro dal gioiello di Gubbio, Piazza Grande o Piazza della Signoria, una piazza “pensile” che si affaccia sulla città. Ai suoi lati si trovano i palazzi pubblici della città: Palazzo dei Consoli in stile gotico e Palazzo Pretorio, uno di fronte all’altro. Date un’occhiata anche al Palazzo Ranghiasci Brancaleoni che si trova sulla stessa piazza. A due passi c’è il Palazzo Ducale in stile rinascimentale. Dai giardini di Palazzo Ducale si ha una bella vista sulla città. Fate attenzione alla porta alta e stretta a lato del grande portone: è la Porta del morto. Secondo la leggenda da qui passavano le bare dei defunti. Lungo le mura, che si trovano poco sopra il palazzo e risalgono al 1200, si aprono sei porte, alcune delle quali ancora decorate con pitture e stemmi cittadini. Tra le chiese non dovreste perdere la cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo. Merita un salto anche la chiesa di San Francesco, edificata sui terreni dell'antica famiglia degli Spadalonga che lo avrebbe accolto dopo aver lasciato la casa di suo padre e tutti i suoi averi. Si trova ai piedi della città, dove nel Medioevo si teneva il mercato e c’è ancora la lunghissima Loggia dei Tiratori, costruita nel 1600 dalla corporazione dei tessitori. Qui tendevano i panni di lana appena tessuti. La vera meraviglia di Gubbio è tuttavia la Fontana dei Matti davanti al palazzo del Bargello. Tutti possono ottenere la patente da matto facendo tre giri intorno alla fontana e facendosi bagnare alla presenza di un abitante di Gubbio che lo certifichi. Dove spingersi nei dintorni Basta uscire dalle mura medievali di Gubbio e si dischiude un altro mondo di sorprese da scoprire: il teatro romano, il mausoleo romano poco distante, l’abbazia di San Secondo, la secentesca Madonna del Prato ricca di stucchi e la chiesa della Vittorina costruita proprio dove, secondo la leggenda, San Francesco incontrò il lupo. La gola del Bottaccione Nei dintorni di Gubbio si trovano le gole del Bottaccione, ideali per una gita poco fuori città. È una profonda gola dovuta all’erosione del torrente Carmignano, ma è anche ricchissima di testimonianze storiche. Qui si trova un acquedotto che corre lungo la gola e risale al Medioevo. Nella gola si trova anche il Monastero di Sant’Ambrogio, che sorge nei pressi di una cittadella preistorica risalente al paleolitico. L’eremo è del 1300 ed era noto per le sue regole severe oltre che per la posizione inaccessibile che garantiva silenzio e solitudine. Non perdete la visita, a cominciare dalle grotte sotterranee per finire con gli affreschi della chiesa. In cima al monte Ingino: la Basilica di Sant’Ubaldo La Basilica di Sant’Ubaldo si trova proprio in vetta al monte che veglia su Gubbio, ma niente paura, se non ve la sentite di scarpinare potete raggiungerla con una comoda funivia e avrete tutta la città ai vostri piedi. Qui si custodisce l’urna con il corpo di Sant’Ubaldo, patrono di Gubbio. E vi arriva anche la famosa corsa della Festa dei Ceri del 15 Maggio. La chiesa è di origini medievali, ma nel corso del 1500 fu ampliata con l’aggiunta del convento e del chiostro. Non fatevi ingannare dalla semplicità dell’esterno, entrate per ammirare la ricchezza delle cinque navate e le vetrate istoriate che raccontano la vita di Sant’Ubaldo.
Musei e monumenti
Piazza della Signoria

Piazza della Signoria

Tra le più splendide d’Italia, simbolo tra i simboli della città, piazza della Signoria stupisce subito per le sue proporzioni imponenti e per la quantità di patrimoni artistici che vi si affacciano. L’accesso privilegiato è la via Calzaiuoli, dalla quale le componenti della piazza si offrono in tutta la loro bellezza. Si notano subito la Galleria degli Uffizi e la Loggia della Signoria, detta anche “loggia dei Lanzi”, vero e proprio museo a cielo aperto. Dialogano allineati nello spazio a lato di palazzo Vecchio il monumento equestre di Cosimo I de’ Medici in bronzo, del Giambologna (1594-98), e la grande fontana del Nettuno progettata da Baccio Bandinelli e realizzata tra il 1560 e il 1575 da Bartolomeo Ammannati e aiuti. Di grande valore simbolico sono le quattro statue poste davanti al palazzo. Copie degli splendidi originali sono, da sinistra: il “Marzocco”, leone simbolo di Firenze (lavoro in pietra serena di Donatello, dal 1885 al Museo del Bargello); il gruppo bronzeo di “Giuditta e Oloferne”, raffigurazione della Repubblica fiorentina che annienta la tirannide (l’originale di Donatello si trova all’interno di Palazzo Vecchio); l’imponente “David”, emblema della vittoria repubblicana sulla tirannide medicea (l’opera originale di Michelangelo è dal 1873 nella Galleria dell’Accademia). Originale è invece il contrapposto gruppo di “Ercole e Caco”, di Baccio Bandinelli (1534), allegoria della vittoria dei Medici sui nemici interni. Altre statue ‘rispondono’ dalla loggia della Signoria.
Spiritualità
basilica di san pietro

La Basilica di San Pietro

Cuore del mondo cattolico, la basilica di S. Pietro è la più imponente della cristianità, sorta nel luogo in cui fu sepolto san Pietro. Copre una superficie di 22.067 metri quadri, è lunga (compreso il portico) 218 metri ed è alta 136 metri da terra alla croce sulla cupola. L’antica basilica imperiale venne costruita da Costantino sul luogo della sepoltura dell’apostolo Pietro. Come per molte altre chiese paleocristiane, fu lasciata in stato di decadenza fino al XV secolo quando, prima per decisione di Niccolò V e poi sotto il pontificato di Giulio II e su progetto di Bramante, nel 1506 iniziarono i lavori di ricostruzione. Alla morte di Bramante seguirono altri architetti famosi tra cui Michelangelo, incaricato a 72 anni nel 1547, il quale semplificò il disegno originario del Bramante e concepì quello che sarebbe stato il suo capolavoro architettonico assoluto: la cupola. Purtroppo Michelangelo morì prima di vederla terminata e toccò a Giacomo della Porta e Domenico Fontana portarla a compimento. La facciata della basilica, realizzata da Carlo Maderno nel 1614, è oggi visibile nei colori originali, dopo un accurato restauro del 1999. Preceduta da una scalinata a tre ripiani, è articolata da 8 colonne e pilastri che sostengono una trabeazione coronata da una balaustra. Il balcone centrale sopra il portico è la loggia delle Benedizioni, da dove il papa benedice la città e viene annunciata l'elezione del nuovo pontefice. La cupola michelangiolesca è una immensa calotta a doppio guscio rivestita di mosaici. Cinque porte in bronzo fungono da entrata alla basilica: l'ultima a destra è la Porta Santa, che si apre solo negli anni giubilari, la porta mediana ha grandiose imposte eseguite dal Filarete (1439-45) provenienti dalla basilica costantiniana. I battenti delle altre porte sono moderni, quelli dell’ultima a sinistra (la porta della Morte) sono di Giacomo Manzù. Nella navata centrale, presso la porta, si trova il disco dove Carlo Magno e gli altri imperatori si inginocchiavano per venire incoronati dal papa. La statua bronzea di san Pietro, probabilmente duecentesca, introduce alla grandiosa area al di sotto della luminosa cupola michelangiolesca, sorretta da quattro pilastri, alla base dei quali si ergono le statue volute da Urbano VIII. Al di sopra, quattro balconate berniniane custodiscono preziose reliquie della Chiesa. La visione ideale dell’interno e la percezione degli spazi e delle proporzioni si coglie bene da qui nei pressi dell'altare papale. Nel mezzo, sopra l’altare, si leva il Baldacchino bronzeo di Bernini (1624-33), che secondo l’opinione popolare avrebbe fuso i bronzi del Pantheon per realizzarlo. All’imponente opera (è alta 29 metri) collaborò anche Francesco Borromini per la parte architettonica. Tra i viticci delle colonne tortili si posano le api Barberini, mentre in alto, quattro angeli reggono festoni e altrettante volute si riuniscono a sostenere un globo dorato sormontato dalla croce. Dietro l’altare, nell’abside, lo sfondo è occupato dalla Cattedra di san Pietro, opera di Bernini (1656-65) che presenta un grande trono in bronzo dorato sorretto da 4 statue dei padri della chiesa alte 5 m. A destra della cattedra si trova il monumento di Urbano VIII di Bernini (1627-47) e a sinistra quello di Paolo III di Guglielmo della Porta (1551-75). Nel passaggio tra la III e la II cappella, nella navata a sinistra, si trova la tomba di Innocenzo VIII in bronzo dorato, opera del Pollaiolo (1498), che fu trasferita dall’antica basilica nel 1621. Nel transetto sinistro, nella Cappella della Madonna delle Colonne, una pala marmorea di Alessandro Algardi (Leone Magno incontra Attila, 1646-50) sovrasta l’altare con le reliquie del pontefice. Nell’arcata successiva si trova il monumento funebre di Alessandro VII (1672-78), un’opera fastosa di Bernini in marmi policromi. A metà della navata, la cappella della Presentazione accoglie due tra le opere più recenti della basilica: i monumenti di Giovanni XXIII di Emilio Greco (destra) e di Benedetto XV di Pietro Canonica (sinistra). Sotto l’arcata successiva si trovano i monumenti agli Stuart, su disegno di Filippo Barigioni, e una stele vagamente erotica di Canova in forma di stele (1817-19). Il coperchio di un antico sarcofago in porfido, forse appartenuto al sepolcro di Adriano, poi tomba di Ottone II, forma la conca del battistero. Nella prima cappella della navata destra ci troviamo di fronte il bellissimo e toccante gruppo marmoreo della Pietà di Michelangelo, che da secoli continua a impressionare e che è l’unica opera che porta la firma di Michelangelo (la trovate apposta sulla fascia che attraversa il petto della Vergine). È un’opera giovanile di Michelangelo (1498-99): quando la realizzò aveva solo 23 anni ma era già nel pieno possesso del virtuosismo tecnico e della maturità espressiva. Sul pilastro subito dopo la Pietà, il monumento funebre di Cristina di Svezia è opera di Carlo Fontana. Proseguendo, si arriva alla cappella S. Sebastiano che accoglie la tomba di papa Giovanni Paolo II e, poi, alla barocca e sontuosa cappella del SS. Sacramento con opere di Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. Oltre la cappella, vicino al grandioso monumento di Gregorio XIII Camillo Rusconi, si trova la tomba di Gregorio XIV. Nel transetto destro, invece, il monumento di Clemente XIII (1784-92), con la statua del papa inginocchiato in preghiera, è uno dei lavori più riusciti di Antonio Canova.
Spiritualità
La Verna - Santuario Francescano

La Verna - Santuario Francescano

Il santuario della Verna si sviluppa sulla sommità di una vetta calcarea immersa in una fitta vegetazione all’estremo lembo meridionale del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. La notorietà del sito è dovuta allo strettissimo legame con l’agiografia di san Francesco d’Assisi, che vi fondò un primo romitorio, dove nel 1224 avrebbe ricevuto le stimmate. A seguito del miracolo il luogo divenne frequentata meta di pellegrinaggio, venendo progressivamente arricchito da nuovi edifici tra XIII e XVIII secolo fino a diventare un esteso complesso monastico. In ordine di tempo la prima costruzione, voluta direttamente dal santo nel 1216, è la cappella di S. Maria degli Angeli, consacrata come chiesa nel 1260 e impreziosita da terrecotte invetriate di Andrea della Robbia. L’attigua basilica di S. Maria Assunta, riconoscibile per l’elegante portico rinascimentale, conserva ulteriori opere robbiane, la più antica delle quali è l’Annunciazione (1475 circa); sul lato destro si apre la cappella delle Reliquie, dove si conservano gli oggetti usati dal santo e il suo sangue. Assieme al convento e alle strutture di accoglienza, i due edifici di culto formano il nucleo principale del santuario, che prosegue lungo il corridoio delle Stimmate, decorato da un ciclo di affreschi novecenteschi dedicati alla vita di Francesco. Da qui si accede al suggestivo sasso spicco, grotta naturale eletta dal santo a luogo di preghiera e di meditazione. Al termine dell’ambulacro si giunge quindi all’antico romitorio e alla cappella delle Stimmate, edificata nel luogo esatto dove avrebbe avuto luogo il miracolo, segnalato da una lapide.
Laghi
Lago di Nemi

Lago di Nemi

Nel territorio dei Castelli Romani, il borgo di Nemi è immerso da sempre nel verde di un bosco. La parola latina per bosco è “nemus”, ciò che spiega benissimo il nome e la sua antichità. Molto più recente ma non meno meritato è il riconoscimento del paese come Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, nel rispetto dei rigidi requisiti di qualità ambientale e turistica fissati in proposito. A partire dal nono secolo, Nemi era poco più che un castello dei conti di Tùscolo. Anche se nel tempo quel castello è diventato il rinascimentale Palazzo Ruspoli, la torre castellana delle origini ancora svetta sull’abitato. Qui la principale attrattiva turistica è costituita dal Lago stesso e dalla vegetazione circostante, dove si scende per un sentiero oppure per la Via del Tempio di Diana: una volta in basso, si può passeggiare lungo tutto il periplo dell’acqua per una lunghezza complessiva di circa sei chilometri. Culturalmente parlando, invece, non si può non rendere omaggio al Museo delle Navi romane. Il capannone degli anni ’30 del ‘900 dove si visitano i modelli delle due navi assieme a importanti ritrovamenti archeologici è peculiare per almeno due ragioni. La prima è che si tratta del primo caso italiano di edificio museale costruito ex novo per ospitare un contenuto e non viceversa, e la seconda che il contenuto perpetua la memoria di qualcosa di veramente unico. Già dal ’400 si sapeva che in fondo al lago giacevano gli scafi di due gigantesche imbarcazioni dell’età di Roma antica: il grande architetto e teorico rinascimentale Leon Battista Alberti le aveva individuate. Si trattava di due ornatissimi scafi-palazzo dove l’imperatore Caligola teneva feste o forse celebrazioni del culto di Diana alla quale il Lago era sacro. Recuperarle circa un secolo fa si è purtroppo dimostrato vano: nel 1944 i due scafi bruciarono completamente, sembra per l’incuria o per la deliberata volontà delle truppe tedesche occupanti. Nonostante tutto, il Museo è comunque estremamente evocativo.
UNESCO
La Via Appia Antica tra archeologia, fede e natura

La Via Appia Antica tra archeologia, fede e natura

La via Appia è una celebre strada che è stata solcata per millenni da mercanti e pellegrini, eserciti e re, aristocratici e artisti: un caleidoscopio di personaggi che hanno disegnato l’immagine della romanità nel mondo. Tutte le strade portano a Roma, si sa, ma se c’è una via della capitale che più di ogni altra riserva meravigliose sorprese per i viaggiatori quella è proprio l’Appia, specialmente nel suo tratto finale (o iniziale, in base alla prospettiva): è il tratto protetto dal Parco regionale dell’Appia Antica, a sua volta contenitore di incredibili monumenti come quelli del complesso di Massenzio o il mausoleo di Cecilia Metella.­­ La “regina viarum”, la più famosa tra tutte le vie consolari romane e oggi Patrimonio UNESCO, collegava la capitale alla Campania, spingendosi poi ancora oltre, fino a Brindisi, porto di partenza delle crociate in direzione di Gerusalemme. Oggi l'Appia Antica merita un itinerario turistico a sé stante. Prima di tutto perché, a differenza di molti altri siti culturali romani, questo percorso è decentrato rispetto al centro storico: l’Appia Antica è il primissimo tratto della via consolare che si incontra, uscendo dalla città, superando porta S. Sebastiano. Grazie alla posizione leggermente periferica dell’itinerario, a sud della città, potrete immergervi in un contesto di rigogliosa campagna, dominato dai tipici pini laziali e da ampi prati e colli alberati. L’Appia Antica è, poi, conosciuta per l’incredibile varietà dei suoi resti archeologici (come le catacombe di Domitilla e di S. Callisto) e dei suoi monumenti religiosi. Lungo un breve tratto di strada, ideale da percorrere a piedi o in bicicletta in una giornata di sole o anche protetti da qualche nuvoletta, spiccano antiche strutture di epoca imperiale, affiancate da chiese cattoliche di cruciale importanza storica, come quella di S. Sebastiano fuori le mura. Insieme alle altre sei principali basiliche romane, questa chiesa aspetta di accogliere migliaia di fedeli in occasione del Giubileo 2025. Non solo natura, fede e archeologia: l’Appia Antica conserva viva la memoria di un evento di storia recente: stiamo parlando dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, del 24 marzo 1944, commemorato da un toccante mausoleo.
Borghi
Arona

Arona

Bandiera Arancione del Touring Club Italiano Arona, famosa per aver dato i natali a San Carlo Borromeo, è uno dei più importanti centri del Verbano sud-occidentale, ed è collocato sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, di fronte alla rocca d’Angera. La colossale statua di San Carlo Borromeo (chiamata anche il “Sancarlone”) è uno dei più importanti luoghi di interesse: la visita degli interni culmina in cima (35,10 metri l’altezza totale) dove si può godere di un meraviglioso panorama. Vicino alla statua c’è la chiesa dedicata a San Carlo, che contiene la Camera dei Tre Laghi, una ricostruzione della camera nella rocca di Arona dove nacque il santo. Su uno sperone roccioso a nord della città si trovano i resti della rocca di Arona, circondata da un parco aperto al pubblico con vista panoramica sul lago. L’armonioso e vivace centro storico presenta notevoli testimonianze d’arte, tra le quali spiccano la collegiata della Natività di S. Maria Vergine, in stile tardo-gotico, al cui interno si trovano opere significative come il polittico della Natività di Maria di Gaudenzio Ferrari, le tele del Morazzone e un bellissimo organo, e la chiesa dei SS. Martiri, di origine romanica, con interno gotico e facciata barocca. La signorile piazza del Popolo è il nucleo medievale di Arona, con la splendida vista sul lago, il vecchio palazzo di Giustizia e la chiesa di Santa Marta. Il ricco passato del basso Verbano viene celebrato nel Civico Museo Archeologico, dove è conservato anche il calco della famosa ruota dei Lagoni di Mercurago, sito archeologico dal 2011 parte del Patrimonio Mondiale Unesco quale sito palafitticolo preistorico dell’arco alpino. Oggi è un Parco naturale protetto attraversato da una fitta rete di sentieri che permettono al visitatore di inoltrarvisi e percorrerlo per esteso. Tra gli eventi si segnalano i caratteristici Mercatino degli hobbisti (generalmente a fine mese), il Mercatino dell’antiquariato (prima domenica del mese) e il Mercato contadino (ultimo sabato del mese).
Teatro Filarmonico

Teatro Filarmonico

3 ordini di palchi sovrapposti, ognuno con una decorazione dorata differente, una balconata, una galleria e una vasta platea: il Teatro Filarmonico di Verona è il principale teatro d'opera della città, ma ospita spettacoli di generi diversi. La stagione musicale si apre tradizionalmente con il Settembre dell'Accademia, una rassegna sinfonica dell'Accademia filarmonica di Verona, che ospita orchestre, direttori e solisti di fama internazionale. Dal mese di ottobre, poi, seguono le stagioni di opera, balletto e sinfonica della Fondazione Arena di Verona, che usa il Teatro Filarmonico come sede della stagione lirica invernale. Il teatro è di proprietà dell'Accademia filarmonica di Verona, la più antica accademia musicale europea, le cui prime notizie risalgono al 1543. All’inizio del ‘700 la città non aveva un teatro lirico, così si decise di costruirne uno. Il marchese Scipione Maffei presentò la richiesta al Senato veneto. Fu quindi chiamato l'architetto teatrale al tempo più celebre, Francesco Galli da Bibbiena e i lavori iniziarono nel 1716. Per realizzarlo, arrivarono incisori e pittori da tutta Europa. Ci vollero 13 anni per terminarlo, ma il risultato fu uno degli edifici teatrali più moderni e innovativi dell’epoca. La sera del 6 gennaio 1732 fu inaugurato, con il dramma pastorale “La Fida Ninfa” di Antonio Vivaldi, su libretto di Scipione Maffei. Il teatro fu distrutto 2 volte: da un incendio nel 1749 e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale nel 1945. L'architettura originaria del teatro, quindi, è andata persa. La struttura attuale è il risultato della ristrutturazione avvenuta dopo il secondo conflitto mondiale, che ha permesso di recuperare gli elementi principali del Bibbiena. La sala Maffeiana è l’unica parte intatta dell’originario Teatro Filarmonico. È in questa celebre sala che il 5 gennaio 1770 si esibì Wolfgang Amadeus Mozart, in un concerto memorabile. Tra il 1777 e il 1779, la sala fu abbellita con l'affresco e le decorazioni del pittore bolognese Filippo Maccari (1725-1800) e, nell'800, furono aggiunti il pavimento in legno e il lampadario. Originariamente si chiamava "Gran Sala", per poi cambiare nome in onore di Scipione Maffei, per merito del quale venne costruito il teatro.
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