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Meta turistica
Emilia felice accanto al padre Po

Piacenza piace, e non soltanto a tavola

Tipologia
Percorso a piedi
Durata
3 giorni
Numero Tappe
7
Difficoltà
Facile

Piacenza è notissima per la sua gastronomia, e il Piacentino per i suoi vini. Coppa, pancetta, salame, Gutturnio rosso e Ortrugo bianco con le relative denominazioni d’origine, le ricette e gli abbinamenti, per non parlare dei tortelli. Ma chi arriva da nord passando il Po, sopra la lunga cerchia delle Mura – questa è sempre stata anche una piazzaforte – vede svettare la mole imperiosa del Palazzo Farnese, e si fa delle domande. Che altro ci sarà qui, oltre al tovagliolo al collo e ai Farnese? Be’… molto.

Non ci sono Leonardi o Raffaelli, intendiamoci – in cambio, un invidiabilissimo Botticelli e un impressionante Antonello da Messina – ma si scoprono un clima disteso, un Duomo sottovalutato, piazze serene, vie piene di offerte, una notevole galleria d’arte moderna, e naturalmente palazzi e chiese che raccontano storie secolari. Anzi, storie millenarie. Se in età romana Milano si chiamava “Mediolanum” e Bologna era “Bononia“, Piacenza era già “Placentia“. La radice della parola è netta: viene da “placet“, voce verbale latina che significa “piace“.

Palazzo Farnese

Palazzo Farnese

Com’è noto, la dinastia dei Farnese governò il ducato di Parma e Piacenza per secoli: dotarsi qui di un palazzo di congrue dimensioni fece parte del suo orgoglio, e in particolare delle ambizioni di Margherita d’Austria, consorte di Ottavio Farnese. L’edificio è infatti molto imponente, quasi eccessivo rispetto al resto della città, anche se dotato di una sua raffinata misura. Il Palazzo sorse nel ’500 ampliando una precedente Città Viscontea, fatta costruire cioè dai Visconti duchi di Milano, una città alla cui influenza ancora oggi Piacenza non sfugge. (Per dire, qui gli interisti non mancano e i notiziari regionali predefiniti sulla televisione di Stato sono quelli della Lombardia.)

Se si guarda bene, si può notare che l’enorme edificio è incompiuto. Il trasferimento della capitale del ducato a Parma finì infatti per affievolire l’interesse per il cantiere, che una quarantina d’anni dopo l’inizio dei lavori fu abbandonato. Ma se si contempla la mole oggi, e soprattutto se si entra a visitare i Musei civici di Palazzo, non si rimane delusi affatto.

Poco lontano da Palazzo Farnese, si può proseguire in clima storico-architettonico andando a visitare le chiese di S. Eufemia, visitabile con l'accoglienza dei soci volontari del Touring Club Italiano e di S. Sisto.

Piazza dei Cavalli

Piazza dei Cavalli

Papa Alessandro a sinistra – guardando le due statue equestri sullo sfondo del Palazzo Gotico – e il figliolo Ranuccio a destra confermano a tutti che qui avevano a lungo governato i Farnese, famiglia originaria della zona di Viterbo, imposta al governo di Piacenza da Papa Paolo III nel 1545.

La città apparteneva infatti al potere temporale della Chiesa di Roma, e il pontefice Paolo III era in quegli anni – chi l’avrebbe detto? – un Farnese. La coppia di cavalli che marca la Piazza ricorda un dominio continuato sin quasi a metà ’700, anche se non tutti i piacentini dovevano essere stati sempre d’accordo: l’assassinio del primo duca Farnese convinse quasi subito i Farnese a spostare la capitale del loro nuovo ducato a Parma.

Fin qui la storia, almeno in termini molto generali, ma lo slargo si impone soprattutto per le sue dimensioni, per certi negozi che cominciano a segnalare un’eleganza presto confermata nelle vie attorno, per gli edifici importanti – di fronte al Gotico sta il Palazzo del Governatore, di lato la facciata neogotica di S. Francesco – e per l’indiscussa centralità della Piazza. Si incrociano qui un tratto urbano della via Emilia e la strada, che oggi si intitola via XX Settembre, che porta dritta al Duomo.

Palazzo Gotico

Palazzo Gotico

Il quotidiano storico di Piacenza – che spesso campeggia con la sua testata sopra le edicole – si chiama La Libertà, e a ragione. È innegabile che il principale edificio nella centrale Piazza dei Cavalli sia uno di quei palazzi medievali che in molte città del Nord Italia testimoniano le origini plurisecolari delle libertà locali. Altrove questi palazzi si chiamano Broletti oppure Palazzi della Ragione, cioè luoghi dove a “dare ragione”, cioè ad amministrare la giustizia, non era qualche signorotto più o meno imperiale ma la comunità dei cittadini.

Il Gotico, così chiamato per via del suo stile architettonico prevalente, è infatti lo storico Palazzo Comunale, costruito in origine a fine ’200 e subito dotato di un salone che ospitasse le riunioni dei rappresentanti dei piacentini. Nel cortile è alta circa quaranta metri una torretta con all’interno una scala a chiocciola: una cronaca trecentesca riferisce che – quasi a dare una sanzione della natura all’affermarsi dell’autogoverno – “apparvero trecento corvi e taccole sul torresino del palazzo”. Sanzione invece religiosa sembra garantire una Madonna col Bambino in una nicchia della facciata; per evitare i danni delle intemperie è stata sostituita da una copia (si può vedere l’originale nei Musei civici di Palazzo Farnese.

Via Roma

Via Roma

Da piazza dei Cavalli può venire spontaneo imboccare via XX Settembre, che è pedonalizzata e conduce in breve al Duomo fra negozi e locali. Ma si può anche scegliere la parallela via Roma distante un paio di isolati lungo via Cavour verso Palazzo Farnese che corrisponde all’antico tracciato urbano della via Emilia.

La strada è un’infilata di edifici storici. Sullo slargo all’incrocio con via Giosuè Carducci, la chiesa di S. Pietro sta accanto al portico di un palazzo tardo-cinquecentesco che era il Collegio dei Gesuiti. Come altrove a quell’epoca, a fine ’700 anche a Piacenza i religiosi furono cacciati dalla loro sede, e il Collegio divenne la Biblioteca Passerini-Landi. Difficile ci si fermi a frequentarla mentre si passeggia, ma si può almeno dedicare un pensiero al fatto che fra i manoscritti conservati c’è la prima versione che ci sia mai pervenuta della Divina Commedia, anno 1336.

In via del Consiglio una traversa di via Roma, verso sinistra il quattrocentesco Palazzo Landi ha un bel portale marmoreo a forma di arco di trionfo. Più all’esterno lungo via Roma si incontrano al numero 80 l’imponente Palazzo Costa nella sua veste di gusto rococò, e al numero 99 il Palazzo Anguissola di Grazzano, a sua volta di fine ’700, con elementi barocchi nelle cornici delle finestre. Se invece di prendere via del Consiglio verso sinistra si imbocca verso destra via Legnano, ci si trova in meno di duecento metri al Duomo.

Duomo

Duomo

Chi pensa che le grandi cattedrali romaniche lungo la via Emilia siano a Parma e a Modena si dimentica di citare Piacenza, e sbaglia. È vero che a Piacenza è soltanto la facciata, non il corpo della chiesa, a essere subito spettacolarmente esposto alla vista, e in effetti la circostanza toglie un po’ di teatralità all’insieme. Ma non basta questo aspetto ad azzardare graduatorie, del resto sempre opinabili.

Forse la Cattedrale di S. Maria Assunta e S. Giustina non impressiona subito, eppure attrae con la sua alta facciata a capanna in arenaria e marmo, e certamente affascina all’interno. Oltre all’insieme architettonico, allo spessore e all’altezza dei pilastri, sono gli affreschi nelle volte della navata centrale e del tiburio, anche all’interno della cupola, per intenderci, a catturare l’attenzione.

I soffitti sono distanti e non proprio facili da vedere in dettaglio: ecco che allora si è organizzata la possibilità di salire in quota all’interno della cupola per osservare da vicino. Sono centotrentasei gradini, ma vale la pena. Basta sapere che si sale dal giardino in via Prevostura 7, dietro la chiesa, dove si trova il Kronos - Museo della Cattedrale che propone anche multimedialità. Dalle 12.30 alle 15.30 del sabato, la visita è accompagnata dai soci Volontari del Touring Club Italiano grazie all’iniziativa Aperti per Voi che favorisce l’apertura di luoghi d’arte e cultura solitamente chiusi al pubblico o limitatamente accessibili.

Cattedrale Santa Maria Assunta e Santa Giustina
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Maggiori Informazioni

Galleria d’Arte moderna «Ricci Oddi»

Galleria d’Arte moderna «Ricci Oddi»

Andando dal Duomo verso la Galleria Ricci Oddi seguendo via Chiapponi e poi via Scalabrini si può passare dalla piazzetta con la chiesa di S. Antonino, con la sua curiosa torre a pianta ottagona, e deviare un attimo per raggiungere, su via Giuseppe Verdi, la chiesa di S. Maria in Cortina, che è visitabile il sabato nel primo pomeriggio grazie all’iniziativa Aperti per Voi del Touring Club Italiano.

Alla Ricci Oddi si arriva comunque poco dopo, per prendere visione di oltre duecento opere di pittura, scultura e grafica, in prevalenza di artisti italiani, assemblate dal piacentino Giuseppe Ricci Oddi e regalate alla città nel 1924. È ricca la rappresentanza dei Macchiaioli toscani, fra cui Giovanni Fattori, Telemaco Signorini e Silvestro Lega, ma sono da segnalare anche opere di Boldini, De Nittis, Pellizza da Volpedo, Medardo Rosso, Wildt, Hayez, Previati e Segantini. Spicca pure un Ritratto di signora di Giovanni Boldini, e non mancano opere più recenti di Boccioni, Carrà, Campigli, Funi, De Pisis, Morandi, Casorati e Cassinari. L’icona delle raccolte è comunque un Klimt.

Il contesto espositivo è quello di un ex convento intitolato a San Siro, convertito allo scopo secondo un progetto dell’architetto locale Giulio Ulisse Arata.

Basilica di S. Maria di Campagna

Basilica di S. Maria di Campagna

Se si fosse in auto, si troverebbero le indicazioni per S. Maria di Campagna mentre si guida fuori dai bastioni delle Mura, poco lontano da Porta Borghetto. A piedi da piazza dei Cavalli la strada è un po’ più lunga: diciamo una ventina di minuti per via Roma, via Mazzini, via S. Tomaso e lo dice il nome stesso via Campagna. Un po’ come il Collegio Alberoni, che propone la sua storia settecentesca e il suo Antonello da Messina praticamente al capo opposto di Piacenza lungo la via Emilia Parmense, la Basilica fa parte dei luoghi d’arte maggiori di fatto periferici alla città.

In termini architettonici, S. Maria di Campagna è un gioiello cinquecentesco, capolavoro del piacentino Alessio Tramello al quale è intitolato il tratto di strada fuori Porta Borghetto. In termini artistici, conserva un eccezionale ciclo di affreschi opera di Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone. Quanto a religione, la chiesa è degna ospite della “Madonna della Campagnola”, un’immagine lignea policroma ritenuta miracolosa, mentre dal punto di vista della storia locale è nota come luogo molto amato dai Farnese, chiesa ducale dove la dinastia celebrava battesimi e vittorie militari. Una lapide ricorda Isabella Farnese, qui sepolta, e il fratello Francesco.

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