La Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, un’istituzione inaugurata nel 1931 su volontà del collezionista piacentino Giuseppe Ricci Oddi (Piacenza, 1869-1937) conserva una delle più importanti raccolte italiane di pittura e scultura dell’Ottocento e del primo Novecento. Tale collezione si distingue per la sua straordinaria omogeneità, basata sulla riconosciuta eccellenza dell’arte figurativa, anche se Ricci Oddi, pur mantenendo una certa distanza dalle Avanguardie più estreme del Novecento, fu attento alle sfumature di alcune correnti come quella simbolista, e alle sperimentazioni impressioniste e fauve sviluppate dagli artisti italiani più aggiornati. L’organicità della collezione è una sua peculiare caratteristica, infatti, comprende solo opere dall’epoca romantica in poi, prevalentemente italiane, nel tentativo di mantenere una certa proporizionalità tra le varie regioni, prendendo in considerazione pochi artisti stranieri per la loro influenza sull’arte nostrana. Le sale sono armonicamente allestite con opere raggruppate in base alla vicinanza geografica, affinità stilistiche e coerenze cronologiche, e sono dedicate da una parte alle scuole regionali, dall’altro ai movimenti. Una prima sezione è dedicata alle tendenza come: Novecento italiano, Scapigliatura lombarda, Simbolismo, Orientalismo. Un’altra, invece, dedica spazi monografici, riservati agli artisti più amati, quali Antonio Fontanesi, Antonio Mancini e il piacentino Stefano Bruzzi, e continua con le opere degli emiliani, come Amedeo Bocchi, Giuseppe Graziosi, Garzia Fioresi, Alfredo Protti, cui è stata affiancata la ricerca italo-francese di Mario Cavaglieri. La scuola toscana è ben rappresentata dai più importanti esponenti della Pittura di macchia: Giovanni Fattori, Vincenzo Cabianca, i fratelli Francesco e Luigi Gioli, Cristiano Banti, Raffaello Sernesi, Mario Puccini, Telemaco Signorini e Silvestro lega. Ai quadri raccolti e custoditi si aggiunge anche una collezione privata di quaranta pezzi di piccolo formato, presente in Galleria dal 2010 in virtù di un comodato, che documenta in modo puntuale il modo in cui si è evoluta la pittura in Toscana, dagli anni sessanta dell’Ottocento al primo quarto del Novecento. Il percorso inizia con i capiscuola dei Macchiaioli: Fattori, Signorini, Lega; segue l’attività degli artisti italiani che si erano avvicinati all’Impressionismo parigino: Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini e Federico Zandomeneghi; seguono, poi, i dipinti di Eugenio Cecconi e Adolfo Belimbau di ispirazione orientalista. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, la scuola macchiaiola comincia a frammentarsi e a personalizzarsi in mod diversi, qui mostrate dai lavori di autori come Raffaello Sorbi, Ugo Manaresi, Giorgio Kienerk, Niccolò Cannicci, Cesare Ciani, i fratelli Luigi e Francesco Gioli, Vittorio Corcos, Adolfo e Angiolo Tommasi, Ulvi Liegi, Alberto Pisa. Gli altri come Raffaello Gambogi, Giovanni Bartolena, Mario Puccini, Renato Natali esprimono quell’allontanamento temporale e stilitisico che aveva dato vita alla corrente dei Macchiaioi. Le loro opere, infatti, sono un’introduzione alle poetiche e sensibilità del Novecento, così come l’eco delle avanguardie e la scoperta di quanto stava accadendo in Europa sono ben rappresentate nelle opere di Plinio Nomellini e Benvenuto Benvenuti. Concludono la rassegna i dipinti più tardi di Oscar Ghiglia e Cafiero Filippelli, che nel lasciare il soggetto paesistico incarnano a pieno titolo le novità dell’arte del Novecento. Per quanto riguarda la selezione degli autori su base regionale, il Piemonte si distungue per l’esposizione dei quadri, fra gli altri, di Giacomo Grosso, Cesare Maggi, Marco Calderini e Giuseppe Pellizza da Volpedo. Due sale sono dedicate agli artisti lombardi: Ritratto d’uomo di Francesco Hayez, del 1834, accoglie idealmente i visitatori della Galleria perché è l’opera più antica tra quelle raccolte. Il Naturalismo lombardo traova i suoi rappresentanti in Mosé Bianchi, Francesco Filippini, Filippo Carcano, Giovanni Carnovali detto il Piccio, Cesare Tallone, Leonardo Bazzaro e Emilio Gola. Altri artisti degni di attenzione sono Gerolamo Induno, Gaetano Previati, Giovanni Segantini, Angelo Morbelli e Giuseppe Grandi, di cui sono esposte le sculture. La ricerca pittorica romana è testimoniata dalla presenza di Antonio Mancini, mentre il meridione vede interessanti prove di Francesco Paolo Michetti, i fratelli Giuseppe e Filippo Palizzi, Domenico Morelli e Vincenzo Irolli. Non mancano artisti che si sono avvicini al Simbolismo, un movimento di transizione a cavallo dei due secoli e, in senso più ampio, tra passato e futuro. Di questo movimento si possono riconoscere chiari segnali del rinnovamento culturale poi consolidato e con la nascita delle avanguardie europee. Figurativamente esso è rappresentato da importanti opere di Giulio Aristide Sartorio, Plinio Nomellini, Camillo Innocenti e Felice Carena, nonché da interessanti dipinti di provenienza emiliano-romagnola, quali Adolfo De Carolis, Mario De Maria, Cesare Laurenti. Frequentando le Biennali del primo trentennio del secolo scorso, Ricci Oddi potè scoprire e apprezzare l’arte internazionale, in particolare quella che aveva impresso significative trasformazioni in quella italiana: da lui venivano acquisiti lavori di Thorolf Holmboe, Alfred Napoléon Delaunois, Carl Larsson, Albin Egger-Lienz, oltre a opere degli Italiani a Parigi, Federico Zandomeneghi, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini. La vasta stagione del movimento artistico di Novecento italiano, con molte delle sue varianti, è rappresentata pittoricamente da Piero Marussig, Gianfilippo Usellini, Massimo Campigli, Ottavio Steffenini, Carlo Prada, Filippo De Pisis, Bruno Saetti, Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, Felice Carena, Felice Casorati, Arturo Tosi, Aldo Carpi, Carlo Carrà, Alberto Salietti, Michele Cascella. La corrente figurativa veneta è rappresentata da Pietro Fragiacomo, a cui si aggiungono Guglielmo e Beppe Ciardi, Francesco Sartorelli, Ettore Tito, Ferruccio Scattola, Guido Cadorin e Lino Selvatico. La collezione include molti scultori di grande pregio, tra cui si ricordano: Vincenzo Gemito, Paolo Troubetzkoy, Adolfo Wildt, Medardo Rosso, Libero Andreotti, Attilio Selva.Chiude il percorso museale la sala dedicata a una selezione di pittura piacentina dell’Ottocento e del primo Novecento con nomi come Giuseppe Ghittoni, Luciano Ricchetti, Oswaldo Bot e Bruno Cassinari.
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