Caserta
Ci sono città dove la presenza di un monumento formidabile, universalmente amato e visitato da turisti da ogni dove, rischia di mettere in ombra quanto di interessante si trova intorno a esso. È certamente il caso della Reggia di Caserta: un complesso residenziale di dimensioni esorbitanti, finanziato dal re di Napoli, Carlo di Borbone, a partire dal 1752. La reggia è considerata il progetto capolavoro di Luigi Vanvitelli, interprete di uno stile a cavallo tra il tardo barocco, il rococò e il primo neoclassicismo.
A stupire forse ancora di più degli sfarzosi interni del palazzo è il parco, che dalla reggia di Caserta si sviluppa verso nord per circa 3 km, ornato di ponti e sculture, cascate e fontane. Gli affascinanti giochi d’acqua distribuiti tra gli ameni vialetti della reggia sono alimentati dal passaggio di un acquedotto appositamente progettato dal Vanvitelli, lungo quasi 40 km. Inevitabile che anche questa monumentale struttura fosse dedicata al suo committente, Carlo di Borbone: ecco perché ancora oggi è conosciuto come acquedotto carolino.
Bisogna poi allontanarsi dai cancelli della mastodontica residenza reale per scoprire tra le vie del centro storico un’altra Caserta, spesso tralasciata dal turismo internazionale. Alcune larghe strade disposte lungo un tracciato ortogonale, come corso Trieste e corso Giannone, sono piacevoli da percorrere a piedi: i marciapiedi accolgono decine di negozi, bar e ristoranti, sulle cui insegne domina il profilo del Duomo cittadino, completato nell’Ottocento e dedicato a S. Michele Arcangelo.
Belvedere di S. Leucio
Incluso nel patrimonio dell’umanità Unesco della reggia di Caserta, il complesso monumentale di S. Leucio si posiziona circa tre chilometri a nord della residenza reale, in corrispondenza del termine del parco borbonico. Adagiato sui primi rilievi appenninici, il sito culturale di S. Leucio offre dal suo belvedere un panorama mozzafiato sulla città di Caserta: nei giorni particolarmente tersi, l’occhio si spinge fino al golfo di Napoli, dominato dall’inconfondibile profilo del Vesuvio.
Così come per la reggia di Caserta, la dinastia regnante dei Borbone ebbe un ruolo fondamentale anche nella concezione del complesso di S. Leucio. Ferdinando IV, figlio di Carlo di Borbone, desiderava costruire a S. Leucio una città industriale ideale da dedicare alla produzione della seta, secondo un modello di welfare illuminista settecentesco. Gli alloggi degli operai, confortevoli e spaziosi, avrebbero dovuto disporsi armonicamente intorno al setificio. Il progetto prevedeva poi una scuola, una chiesa e tutto il necessario per creare intorno alla fabbrica un moderno borgo settecentesco circondato dalla natura rigogliosa della Campania felix.
Non tutte le idee pionieristiche di Ferdinando IV furono portate a compimento, come ben raccontato nel Museo della Seta, inserito all’interno di un percorso di visita che rende S. Leucio meta imperdibile di un viaggio in provincia di Caserta.
Casertavecchia
Nucleo originario della città di Caserta, Casertavecchia si presenta oggi sotto l’aspetto di un borgo medioevale pittoresco, raggiungibile in pochi minuti di guida da S. Leucio. L’abitato si iniziò a sviluppare per volere della dominazione longobarda, che più di un millennio fa scelse le prosperose pendici del monte Virgo per fondare questo insediamento. L’origine stessa del toponimo Caserta pare derivi da Casa Irta, a indicare la posizione particolarmente scoscesa del borgo.
Dai circa 400 metri di altitudine di Casertavecchia si aprono ampie vedute sulla pianura circostante, ma è tra i suoi tortuosi vicoli che il paese svela il suo capolavoro più conosciuto: la Cattedrale di S. Michele Arcangelo. Il Duomo di Casertavecchia rimase punto di riferimento fondamentale per la comunità religiosa locale almeno fino al massiccio sviluppo urbano settecentesco della Caserta borbonica, sparsa lungo la sottostante pianura. Tutto in questa cattedrale contribuisce a dare una sensazione di armonia architettonica a chi la guarda: i portali in marmo, le decorazioni a motivi vegetali, le colonnine e gli archi, fino al grande campanile che raggiunge un’altezza di 32 metri.
Peccato che il castello di Casertavecchia non si sia conservato intatto quando il Duomo cittadino: vale comunque la pena di camminare poco più a est del centro storico per immaginare come sarebbe dovuto apparire questo forte difensivo in epoca medievale
Santa Maria Capua Vetere
Nell’antichità, l’attuale provincia di Caserta era un’area molto fertile e popolata, dominata al centro dall’insediamento urbano dell’antica Capua, fondata probabilmente dalla popolazione italica degli Osci circa tremila anni fa.
Oggi sulle vestigia della Capua classica (da non confondere con la moderna Capua, poco più a nord) si trova il tessuto urbano della moderna Santa Maria Capua Vetere, circa 5 km a ovest della reggia di Caserta. Dopo la distruzione dell’antica Capua durante le invasioni barbariche, rimase in piedi solo la struttura medievale del Duomo di S. Maria Maggiore: ecco spiegato il toponimo di Santa Maria Capua Vetere, e cioè la città di Maria risorta sul luogo della vecchia Capua.
Oggi la città merita sicuramente una visita approfondita per i suoi reperti archeologici. Tra le strade di Santa Maria Capua Vetere sono, infatti, ancora visibili alcuni resti millenari di grande fascino e importanza: basti pensare al colossale anfiteatro campano o al mitreo, un tempio sotterraneo dedicato al dio persiano Mitra. Il Museo archeologico dell’Antica Capua è poi il luogo ideale per ripercorrere la storia artistica e architettonica di questa località. Prima di proseguire l’itinerario verso nord, è consigliata anche una breve passeggiata tra le spaziose vie del quartiere ottocentesco di Santa Maria Capua Vetere, che ospitava le dimore di alcune agiate famiglie borghesi.
Basilica di S. Angelo in Formis
Affacciata dall’alto di un colle sul territorio comunale della moderna Capua, a pochi minuti di guida da Santa Maria Capua Vetere, si staglia la preziosissima basilica di S. Angelo in Formis.
Si tratta di un esempio di architettura religiosa di grande valore artistico, grazie alla commistione di stili ed epoche che testimonia del ricco passato di questo territorio. La basilica di S. Angelo in Formis è oggi formalmente una chiesa di impianto romanico, ma si notano ancora a terra i resti del pavimento di un tempio classico pagano che nell’antichità fungeva da santuario devozionale condiviso da tutti i popoli campani. Protagonisti di una visita a S. Angelo in Formis sono però soprattutto gli affreschi medievali del XI secolo, che decorano ampie porzioni della chiesa.
Come S. Leucio e Casertavecchia, anche la basilica di S. Angelo in Formis regala al viaggiatore un ampio panorama su tutta la Campania felix, grazie alla sua posizione rialzata sulle pendici del monte Tifata. Questo potrebbe allora essere un luogo ideale per scattare un’ultima fotografia della piana di Caserta prima di spostarsi verso nord, non lontano dal confine tra Campania e Lazio.
Sessa Aurunca
A metà strada tra l’appennino campano e il mare, a pochi minuti dalle rive del fiume Garigliano che separa la Campania dal Lazio, Sessa Aurunca è una città di origini antichissime. Fondata dagli Aurunci, popolo che abitava questo territorio prima della conquista romana, Sessa Aurunca divenne un dinamico centro di commerci in età imperiale, grazie alla sua posizione strategica lungo il percorso tra la Campania felix e Roma.
Il borgo è dolcemente adagiato sui rilievi scoscesi che salgono verso il vulcano inattivo di Roccamonfina e conserva alcune sorprendenti testimonianze di glorie trascorse. Il ponte degli Aurunci, ad esempio, mostra fiero i suoi massicci archi che sostengono una strada di origine romana; presso il Museo archeologico invece, allestito tra le sale del castello ducale, si scoprono oggetti e reperti che raccontano del passato di Sessa Aurunca.
È però il teatro romano a prendere il ruolo di protagonista di una visita culturale di Sessa Aurunca, immerso in un verde paesaggio, all’estremità meridionale dell’abitato. La storia racconta che l’imperatore Augusto in persona inaugurò questa struttura maestosa, utilizzata ancora oggi nella bella stagione per eventi, spettacoli e concerti.
Spostandosi nuovamente verso il centro storico, si incontra la Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo, l’altro simbolo cittadino, che potrebbe ricordare per forme e ornamenti la basilica di S. Angelo in Formis. Anche la cattedrale di Sessa Aurunca è, infatti, di epoca romanica e svela sul suo pavimento geometrie decorative che rimandano all’arte araba.
Prima di riprendere l’itinerario verso nord, merita una deviazione il ponte Real Ferdinando, che attraversa il fiume Garigliano lungo il passaggio della via Appia, circondato dalle tipiche pinete del mar Tirreno. Questo ponte, fortemente voluto dai regnanti borbonici intorno al 1828, fu il primo ponte sospeso completato in Italia ed è oggi inserito all’interno del Parco regionale Area vulcanica di Roccamonfina e foce Garigliano.
Roccamonfina
Risalendo il fiume Garigliano dal ponte Real Ferdinando verso l’entroterra ci si addentra nel paesaggio incontaminato del Parco regionale Area vulcanica di Roccamonfina e foce Garigliano. Tra i vulcani più alti d’Italia, con un’altitudine che supera i 1000 metri, il vulcano inattivo di Roccamonfina prende il nome dal borgo più importante che sorge appena a sud della sua cima.
Anche l’abitato di Roccamonfina si è arricchito in passato, così come quello di Sessa Aurunca, grazie alle tratte commerciali che passavano di qui in direzione di Roma. Il borgo è immerso in un suggestivo e verdissimo bosco di castagni, rinvigorito dal ricco suolo vulcanico circostante. Per questo motivo molti locali affermano he il periodo migliore per visitare Roccamonfina è il mese di ottobre, quando la sagra della castagna e del fungo porcino profuma e colora le strade del borgo.
Per assistere a una tradizione religiosa particolarmente sentita a Roccamonfina conviene, invece, scegliere il mese di maggio, in occasione della Calata di S. Antonio dai Làttani. Dal santuario di S. Maria dei Làttani, situato appena a nord del paese, gli abitanti accompagnano una statua di S. Antonio da Padova lungo una processione in direzione del centro storico. Il santo veglierà sui residenti di Roccamonfina durante tutta l’estate, prima di tornare nella sua abituale collocazione durante il mese agosto. Il santuario di S. Maria dei Làttani merita una visita anche durante il resto dell’anno, per sorprendersi davanti alle volte gotiche e agli affreschi della chiesa. Una statua di una Madonna con bambino, scolpita intorno all’anno Mille, richiama da secoli gruppi di pellegrini.
Piedimonte Matese
L’itinerario si conclude in un contesto naturalistico di grande fascino come quello del massiccio del Matese, al confine settentrionale della Campania con il Molise.
Partendo da Roccamonfina, in circa un’oretta di strada si raggiunge Piedimonte Matese, punto di accesso principale per le vette appenniniche. Già dal toponimo si capisce che questo borgo è posizionato proprio in prossimità dei rilievi montuosi, in un punto di passaggio per chi da qui desidera scendere verso il mare.
Dopo ripetute invasioni e distruzioni in epoca medievale, Piedimonte Matese si affermò in età moderna come importante centro di produzione di lana e tessuti. Bisogna, invece, viaggiare nel tempo fino al IV secolo a.C. per apprezzare al meglio le impressionanti dimensioni delle mura megalitiche conservate nel Parco archeologico di monte Cila, poco fuori dal centro storico.
Il territorio di Piedimonte Matese è stato teatro di storie e battaglie per millenni, ma è oggi soprattutto conosciuto come punto di riferimento per chi visita il Parco regionale del Matese. Una suggestiva serie di gole, boschi e picchi rocciosi richiama sportivi e amanti dell’outdoor, che si ritrovano sulle rive del lago del Matese, al centro del parco. Mountain bike e arrampicate, passeggiate a cavallo e rafting, persino ciaspolate e sci quando la neve ricopre il massiccio: la scelta di attività sportive è pressoché infinita.