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Arte e cultura
Toscana

Dostoevskij a Firenze: itinerari, luoghi e libri

Il periodo fiorentino di Dostoevskij.

3 minuti

La bellezza salverà il mondo”. Questa è la celebre frase che Dostoevskij fa pronunciare al principe Miškin nel romanzo “L’idiota”.

Dostoevskij è considerato insieme a Tolstoj tra gli scrittori e gli intellettuali russi più autorevoli di tutti i tempi. La vita del grande romanziere e filosofo fu intessuta nella terribile trama della malattia, scossa da frequenti crisi epilettiche che finirono per minare la sua salute e i rapporti personali.

Durante un viaggio alla scoperta delle capitali europee, giunse a Firenze, dove completò la scrittura de “L’Idiota” e, forse proprio in questa città, riuscì a “fare ordine nell’anima”.  

Secondo il filosofo Giovanni Reale, infatti, “l’uomo ha bisogno del bello come un elemento fondamentale per la sua vita dello spirito”; viene facile pensare che proprio lo splendore della città, con la sua storia e la sua arte, abbiano avuto un effetto positivo sul pensatore noto soprattutto per il romanzo “I fratelli Karamazov”.

La casa di Dostoevskij a Firenze

La casa di Dostoevskij a Firenze

Fortemente attratto dalla ricchezza culturale italiana, Dostoevskij soggiornò a Firenze in una casa in Piazza Pitti, tra il 1868 e il 1869. Tra le antiche mura di questa splendida città, lo scrittore moscovita si dedicò alla stesura de “L’idiota” e fu da questa casa che scrisse lo struggente monologo del principe Myskin: “Leggete a questo soldato la sentenza che lo condanna con certezza, e impazzirà o si metterà a piangere. Chi ha detto che la natura umana è in grado di sopportare questo senza impazzire? Perchè un affronto simile, mostruoso, inutile, vano? Forse esiste un uomo al quale hanno letto la sentenza, hanno lasciato il tempo di torturarsi, e poi hanno detto: va’, sei graziato: ecco un uomo simile forse potrebbe raccontarlo”.

L’itinerario di Dostoevskij in Italia e i suoi libri

L’itinerario di Dostoevskij in Italia e i suoi libri

Animato da grande curiosità e spinto da difficoltà economiche e da problemi di salute, Dostoevskij intraprese un lungo viaggio in Europa per sfuggire ai creditori e curarsi dall’epilessia. Durante il suo peregrinare, giunse due volte in Italia, nel 1862 e nel 1868. Nel 1864, una grande tragedia lo privò della compagnia della seconda moglie e della figlia. L’avvenimento colpì fortemente l’animo dello scrittore che, proprio in questi anni, scrisse alcuni dei suoi romanzi più significativi: “Umiliati e offesi” (1861), “Memorie del sottosuolo” (1865), “Il giocatore” (1866), “Delitto e castigo” (1866) e “L’idiota” (1868-69), opere che segnano un approfondimento dello studio sull’animo umano e preludono alla grande sintesi rappresentata da “I demoni” (1871-’72) e, appunto, da “I fratelli Karamazov” (1879-80).

Dostoevskij amava l’Italia. Visitò Torino, Milano, Roma e Napoli. Il suo amore per il Bel Paese, che raggiunse come chi si mette in cammino per un pellegrinaggio culturale e spirituale, gli fece dire: “Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo; non una qualunque idea astratta, non la speculazione, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita umana”.

Dove Dostoevskij abitò a Firenze

Dove Dostoevskij abitò a Firenze

Il 1868 è un anno importante per Firenze: divenuta Capitale dell’Italia unita ospita, a Palazzo Pitti, la residenza del re. Dostoevskij prese in affitto un appartamento al secondo piano di casa Fabiani, proprio sulla spettacolare piazza su cui s’affaccia il Palazzo Reale. 

L’atmosfera feconda della città influenzò notevolmente la vita dello scrittore, tanto che la sua terza moglie Anna così annotò quel periodo tra i ricordi del loro felice anno fiorentino: “Il cambiamento ebbe di nuovo un effetto benefico su mio marito e noi cominciammo ad andare insieme per chiese, musei e palazzi”.

Nella gloriosa citta del Giglio nacque la loro bambina, che chiamarono Lubjov (che significa “amore” in russo) e qui Dostoevskij concluse “L’Idiota”, un progetto che lo tormentava da tempo nel quale voleva dare sostanza a un’idea difficile: “raffigurare un uomo assolutamente buono”.

La nostalgia dell’autore per l’Italia

La nostalgia dell’autore per l’Italia

L'italia colpì talmente tanto la sensibilità di Dostoevskij che, anche dopo il suo rientro a Pietroburgo, continuò ad esercitare una influenza sulle sue opere. Un forte senso di nostalgia traspare anche negli articoli che scriverà per la rivista d’attualità Grazdanin

Quel sentimento legato al sublime che Dostoevskij ha trovato in Italia gli ha permesso probabilmente di lavorare su una pluralità di voci e arrivare così a quel romanzo polifonico dove lo spirito del filosofo, del pensatore politico, persino del teologo si sono trovati finalmente riuniti. 

A Firenze, lo scrittore si concentra anche sullo scontro tra Dio e Satana. In qualche maniera, è come se l’Italia abbia rivelato a Dostoevskij una ipotesi di salvezza anche terrena per i suoi protagonisti: mentre Pietroburgo, città di canali, fogne, acqua grondante, è considerata la tana di animali immondi, Firenze e l’Italia sono la terra dell’angelo.

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