Casa Cavassa, abitazione di proprietà di Galeazzo Cavassa e del figlio Francesco, entrambi eredi di una famiglia originaria di Carmagnola e vicari generali del marchese di Saluzzo, fu edificata prima della fine del secolo XV e, a partire dal 1505, divenne di esclusiva proprietà di Francesco, il quale volle che l’edificio fosse decorato con ornamenti che si prenderessero ispirazione dai modelli figurativi del Rinascimento e dalle nuove tendenze stilistiche in voga nella pianura padana. Nell’Ottocento, per volontà del marchese Emanuele Tapparelli D’Azeglio (1816-1890), nipote dello scrittore Massimo, diplomatico cosmopolita, cultore di arte e antiquariato, che nel 1883 acquistò l’edificio e iniziò un ingente lavoro di restaurazione, Casa Cavassa divenne un museo. Al momento della morte del marchese, nel 1890, l’amministrazione comunale ne ereditò l’edificio con tutti gli arredi e oggetti d’arte in esso conservati: oggi Casa Cavassa è il museo civico della città di Saluzzo. Sul portone del palazzo è posto lo stemma di Francesco Cavassa, composto dall’immagine scolpita di un pesce (il cavedano, pesce d’acqua dolce che risale la corrente, chiamato "chavasson" nel dialetto del marchesato e "quajastr" nel dialetto piemontese. A metà del fregio è inciso a lettere maiuscole romane il motto della famiglia Cavassa: DROIT QUOI QUIL SOIT.
Una volta superato l’ingresso, il cortile interno, impreziosito da tre bifore di carattere gotico, è caratterizzato da un ballatoio in legno, decorato con gli affreschi a grisaille che raffigurano le Fatiche di Ercole e la pala raffigurante la Madonna della Misericordia, eseguite tra il 1506 e il 1511 da Hans Clemer.
Il museo si articola in quindici stanze differenti, accumunate da soffitti in legno dipinti e pareti decorate, e ospita opere d’arte di grande importanza storica e artistica. Il museo conserva inoltre il coro ligneo in stile tardogotico proveniente dalla Cappella Marchionale di Revello; una culla, risalente al 1560, precedentemente situata nel castello di Lagnasco, a cui si aggiungo i ritratti cinquecenteschi di Carlo Emanuele I di Savoia e della moglie.
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