Panoramica
Il Plemmirio citato nell’Eneide è il promontorio che si tuffa nel blu intenso dello Ionio e ha dato il nome all’Area Marina Protetta istituita nel 2005 a sud dell’isola di Ortigia, centro storico di Siracusa, città siciliana che nello stesso anno è stata inserita nella World Heritage List dell’Unesco e dichiarata patrimonio dell’Umanità. Un mare che lambisce luoghi suggestivi come Capo Murro di Porco, Punta Mola, Rive Bianche, la Batteria, Terrauzza, la Fanusa o le latomie Greche. Un paradiso ricco di biodiversità che popola il mare, dove distese di alghe marine multicolori, interrotte dai luminosi madreporari come Leptopsammia pruvoti e Astroides calycularis, rispettivamente con polipi di colore giallo oro e arancione, sassi e substrati colonizzati dalle più svariate forme viventi marine, formano un ambiente che non ha nulla da invidiare ai paesaggi tropicali.
Le foche del Plemmirio
In più occasioni oramai capita l’avvistamento, proprio nel mare del Plemmirio, della foca monaca mediterranea Monachus monachus, mammifero pinnipede della famiglia delle foche, una specie minacciata di estinzione, di cui sopravvivono in natura meno di 500 esemplari.
Una ricca storia sommersa
Duemilacinquecento ettari di un vero eden fatto di acqua salata con splendidi fondali colore verde smeraldo, dove sono state ritrovate anfore, fasciami, relitti e ogni sorta di reperti archeologici, la maggior parte dei quali possono essere osservati in Zona B nello straordinario sito di immersione denominato “Mazzere”. Nei fondali dell’AMP sono stati rinvenuti: i resti del cosiddetto Plemmyrion A, probabilmente ubicabile nei pressi di Punta del Gigante; un gruppo di bronzi, ora custoditi al museo di Siracusa,;i resti di un relitto, identificato come Plemmyrion B, costituito da numerosi frammenti di anfore, appartenenti nella quasi totalità ai tipi Africana IIA e Africana I, con una sola anfora mauretana, databili tra il 180 e il 250 d.C.; frammenti di anfore bizantine di cui si ipotizza l’appartenenza a relitti diversi naufragati nello stesso sito e i cui resti si sono mischiati. E ancora, i resti di un altro relitto, identificato come Plemmyrion C, di età greca, costituito da numerosi frammenti di ceramica riconducibili ai tipi Corinzia A e B, databili tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. Grazie ad uno studio dell’A.M.P., tutti i siti interessati dalle evidenze archeologiche sono stati rivisitati e i reperti, individuati e schedati, sono stati georeferenziati e inseriti all’interno del sistema informativo territoriale dell’Area Marina Protetta del Plemmirio.