La chiesa del complesso religioso, voluto e finanziato da Roberto I d’Angiò e dalla devota moglie Sancia d’Aragona (fu così che Sancia manifestò la sua repressa vocazione alla vita di clausura), fu costruita nel 1310 da Gagliardo Primario e collegata a un monastero di Clarisse, ed era destinata ad accogliere le spoglie della dinastia degli Angioini e, dal Settecento, anche quelle dei Borbone. Dopo i restauri seguiti ai danneggiamenti della seconda guerra mondiale, resta poco dell’intervento barocco che Domenico Vaccaro fece nel 1742. La facciata è ornata solo da un enorme rosone e affiancata a sinistra dal campanile (che di originale conserva solo la parte inferiore). Dentro, è subito riconoscibile lo stile gotico. L’unica navata ha lungo le pareti dieci cappelle con opere del XIV e XV secolo. Dietro l’altare, l’abside è sostituito da una parete (su cui poggia il sepolcro di Roberto d’Angiò), tirata su per dividere gli ambienti destinati ai frati da quelli delle monache. Infatti, dall’altra parte, c’è il coro delle Clarisse, visibile solo attraverso una grata e pensato da Leonardo di Vito come una chiesa autonoma a tre navate a cui si accede attraverso la sacrestia. Una delle maggiori testimonianze del gotico a Napoli, il coro conserva frammenti di un affresco della Crocifissione, opera di Giotto, chiamato a Napoli da Roberto d’Angiò nel 1326. I monumenti principali sono proprio le tombe reali angioine: il sepolcro di Maria di Durazzo, quelli di Carlo di Calabria, della sua seconda moglie Maria di Valois e della loro figlioletta Maria.
Dal cortile sul fianco sinistro della chiesa si accede al chiostro delle Clarisse in cui è immediatamente visibile il frivolo stile rococò che ha voluto dargli Domenico Vaccaro: Archi gotici su colonnine, un festoso giardino suddiviso in quattro settori dall’incrocio di due viali. Laica e priva di qualsiasi immagine sacra la decorazione a maioliche policrome decorate da Giuseppe e Donato Massa (ne sono state usate 30.000). I colori sono quelli che si trovano in natura: il giallo e l’arancio degli agrumi che crescono tra i pilastri (64 colonne ottagonali) su cui poggiano i pergolati, l’azzurro del cielo, il verde della vite. Sugli schienali delle sedute sono raffigurate scene di vita quotidiana. I corridoi coperti che circondano il chiostro conservano gli affreschi secenteschi con storie francescane.