Panoramica
Il riallestimento del 1953 segnò la riapertura del museo dopo la lunga interruzione bellica. Le sale del primo piano, semplicemente ripulite nelle pareti bianche e nei solenni soffitti lignei, furono reinterpretate da Scarpa con pochi ma incisivi elementi museografici originali: teche che esponevano le toghe dei senatori e procuratori accanto ai ritratti a figura intera degli stessi patrizi veneziani; pannelli per i vivaci scudi ottomani delle guerre di Morea, disposti in file alte accanto al busto del vittorioso Francesco Morosini. Particolarmente riuscite anche soluzioni come le appensioni di antichi stendardi su fondi in tessuto grezzo o i sostegni per i monumentali fanali da galera — tra cui quello triplice della capitana di Morosini — realizzati con raffinata complessità e proporzionati con giustezza agli oggetti storici esposti.
Nel 1959–60 Scarpa fu incaricato dell’allestimento della Quadreria al secondo piano, che custodisce importanti capolavori della pittura veneziana e italiana del Rinascimento. In ambienti ormai privi di configurazioni significative precedenti (a eccezione della sala centrale, lasciata nella sua essenzialità), l’intervento fu radicale. Le superfici delle sale, trattate con calce rasata, esaltavano il ruolo della luce: quella naturale, diffusa dai balconi su Piazza San Marco o filtrata da moderne veneziane industriali nelle finestre interne, guidava la disposizione di dipinti e sculture.
Iconico il celebre “cavalletto” di Scarpa, su cui vennero valorizzate diverse opere, poste perpendicolarmente rispetto alla luce che entra dai balconi. Furono inoltre progettate piccole sale dedicate: il cubicolo per la Pietà di Cosmè Tura; quello per le iconiche Due dame veneziane di Carpaccio; o ancora la saletta rivestita in travertino per il Cristo morto sostenuto dagli angeli di Antonello da Messina, dove la luce riverbera calda, dorata, in armonia con quella interna al dipinto, esposto su un supporto inclinato per accogliere al meglio l’illuminazione.