Studi iniziati nella seconda metà dell’800 sull’antichità di Albisola hanno localizzato, nella zona di Albisola Superiore, l’Alba Docilia, menzionata come stazione o luogo di sosta sulla Tabula Peutingeriana, una mappa stradale dell’Impero romano forse creata tra III e IV sec. d.C. per scopi militari, che ci è pervenuta grazie a una copia medievale, e in altri itinerari antichi con forme diverse, quali Alba Decilia o Delicia. La posizione presso l’arteria costiera che da Genova conduceva a Vado, che divenne secondaria dopo l’apertura della via Julia Augusta voluta dall’imperatore Augusto tra 13 e 12 a.C., può spiegare la presenza dell’antico insediamento albisolese sui percorsi stradali. Don Schiappapietra, parroco della chiesa di S. Nicolò di Albisola, ha condotto degli scavi alla fine dell’800 che hanno portato l’antico complesso di piazza Giulio II, rivelando una grande villa (circa 8000 mq) risalenta all’epoca imperiale romana che mescolava proprietà della dimora residenziale con strutture e servizi produttivi tipici della fattoria. Si possono individuare il quartiere padronale (pars urbana), il settore rustico-produttivo (pars rustica o fructuaria) e il settore termale. Nell’area archeologica, posta nel vasto piazzale davanti alla stazione ferroviaria, si può attualmente vedere una parte del nucleo abitativo e della zona termale; una parte del settore turistico è custodito sotto il porticato accanto alla stazione stessa; invece, i resti murari posti sotto la piazza possono essere letti grazie al tracciato planimetrico, che è riportato tramite lastre di travertino sulla pavimentazione. Nel quartiere residenziale della villa, posto a Sud, piccoli vani (cubicola) si affacciavano su un peristilio porticato di un bacino rettangolare per la raccolta dell’acqua. I reperti, ritrovati nello scavo, mostrano la raffinata decorazione del porticato con intonaci dipinti, lesene scanalate in marmo bianco e capitellini figurati con foglie d’acanto e delfini affrontati. Alcuni vani, situati a Nord del peristilio, erano dotati di sistema di riscaldamento mediante circolazione di aria calda sotto il pavimento, mentre quelli destinati al soggiorno del proprietario, della famiglia e degli ospiti presentavano pavimenti a mosaico e tarsie marmoree, nonché pareti e soffitti dipinti, testimonianza di un’eleganza almeno nella fase di maggior sviluppo della villa, risalente al I e II secolo d.c. Nel settore rustico (pars rustica o fructuaria) erano presenti circa venti vani di differenti dimensioni probabilmente destinati a magazzini, alloggi servili e ricoveri per animali, disposti intorno a una grande corte centrale, tipologia peculiare dell’area gallo-romana; negli ambienti, posti nell’angolo a Nord, erano presenti impianti di lavorazione con vasche e canalette, oggi nascoste sotto il terrapieno ferroviario, riconducibili alla produzione o alla trasformazione delle derrate alimentari e dei prodotti provenienti dalle proprietà agrarie dell’azienda agricola. Il settore termale, connesso alla parte abitativa, ospita un grande edificio circolare, già esaminato alla fine dell’800 e da riconoscere forse con un laconicum o assa sudatio, una sauna in cui era possibile fare bagni di vapore, aria calda e, forse, anche di sole, e una vasca o cisterna rivestita con malta idraulica. In vari ambienti connessi tra loro sono presenti vani di servizio collegati alle attività termali. La monumentalità dell’impianto termale, il numero di cubicula nell’area residenziale, l’estensione planimetrica del settore di servizio e la grande area cortilizia hanno portato a considerare il complesso, non come una villa di tipo rustico-residenziale, ma come mansio di Alba Docilia, stazione di posta che appartiene all’organizzazione del cursus publicus. Le mansiones romanae si erigevano in prossimità di strade di grande comunicazione e assicuravano la possibilità di sostare, accogliere e far riposare i viaggiatori e gli animali: soddisfavano tali necessità sia lo sviluppo del quartiere residenziale, sia l’ampliamento planimetrico della corte circondata da enormi ambienti allestiti forse a magazzini o stalle, sia un capillare sistema idraulico e infine la presenza di un settore termale attrezzato, adatti a un esercizio pubblico, più che a una struttura privata, per quanto spettacolare. Tuttavia, la distinzione tra villa rustica e mansio non è sempre evidente poiché le tipologie edilizia e planimetrica possono avere elementi comuni, e nulla esclude che alcune ville siano state successivamente convertite in mansiones. Numerosi reperti ceramici e monetali, che attestano una rete di vivaci rapporti commerciali, documentano che la villa sia stata occupata stabilmente tra I e V forse VI secolo d.c. Alcune indagini archeologiche condotte di recente al di sotto della Via degli Scavi hanno portato alla luce una stratigrafia integra, altrove mancante, che ha dato la possibilità di delineare quanto fosse frequentato il sito dall’epoca preromana al tardo-antico e all’Alto Medioevo, quando alcuni ambienti della villa, ormai abbandonati, vengono occupati da sepolture a inumazione, per le quali bisogna ancora individuare la relazione con la chiesa di S. Pietro, o con un antico edificio di culto, che si impianta sui resti del complesso di età imperiale.