Panoramica
L’idea di fondare il Museo Gregoriano Egizio in Vaticano fu di papa Gregorio XVI Cappellari. Correva l’anno 1839, ma fin dall’inizio del suo pontificato (1831) Gregorio aveva ordinato di acquistare tutte le opere egizie presenti a Roma, nelle grandi collezioni e sul mercato antiquario, stanziando anche fondi personali. A quel tempo, infatti, possedere mummie, sarcofagi e papiri era uno status symbol e l’intera Europa era in preda a una vera mania per la civiltà dei faraoni, così esotica e misteriosa. Anche la moda e le arti applicate riprendevano spesso suggestioni egizie. Ecco perché gli spazi del Museo Gregoriano Egizio furono modellati e affrescati in stile egizio: alcune delle 9 sale del museo, ricavate nell’ex appartamento di Pio IV al Belvedere e in una parte del palazzetto di Innocenzo VIII, hanno mantenuto testimonianze di quell’allestimento “d’atmosfera”, forse poco rigoroso ma davvero affascinante.
Visitando il museo si scopre che la “moda egizia” aveva investito già l’antica Roma, dopo la conquista del regno di Cleopatra (30 a.C.) e ancor più nel II secolo d.C., al tempo dell’imperatore Adriano. Accanto a oggetti rinvenuti in Egitto durante gli scavi archeologici ottocenteschi, il Museo Gregoriano Egizio presenta infatti opere d’arte e suppellettili che furono importate nell’antica Roma da imperatori e aristocratici, ma anche opere in stile egizio prodotte sul suolo italiano per abbellire templi e ville. Veri capolavori sono le sculture provenienti dal Canopo della villa Adriana di Tivoli e quelle rinvenute nel ’700 negli Horti Sallustiani, come la statua colossale della regina Tuya, portate a Roma da Caligola. Altre opere documentano invece l’impatto avuto dai Romani sullo sviluppo successivo dell’arte egizia: è il caso di alcuni teli funerari dipinti, oggetti rarissimi, come quello della Dama dei Musei Vaticani (III secolo d.C.) trovato ad Antinopoli. Le ultime sale del museo documentano altre civiltà antiche del Medio Oriente.