Il progetto del teatro in questione è stato studiato nei primi anni di questo secolo e il 18 ottobre 1910 fu inviato al Comune di Rio Saliceto da Pietro Montanari, allora proprietario, affinché fosse girato alla prefettura di Reggio Emilia per essere allegato al verbale della Commissione di vigilanza sui teatri.
L’inaugurazione si tenne il 9 febbraio 1911 con la commedia di G. Parker Il Cardinale, realizzata dalla compagnia Giovanni Zannini. Nel corso della stessa stagione si tennero anche rappresentazioni della compagnia di operette Guido Giovannucci, la quale aveva in repertorio, tra le altre, La vedova allegra.
Nel 1912 il teatro è stato acquistato da un certo Oliviero Santachiara, successivamente però è passato nelle mani della Società Cooperativa L’Enologica di Rio, poi a Lugli e Pavarotti di Carpi, e infine a Carlo Lugli, sempre di Carpi, da cui lo acquisisce il Comune di Rio nel 1986.
Il programma degli spettacoli è molto fitto nel periodo precedente al primo conflitto mondiale, per rallentare durante la guerra e riprendere con vivacità nel 1921 grazie agli spettacoli di illusionismo, varietà, marionette e operette, nonché gli immancabili veglioni di carnevale, conferenze, e via dicendo.
Gianolio, in Storia popolare di Rio Saliceto, cita le testimonianze relative a due "grandiosi drammi con brillantissima farsa" messi in scena al teatro Montanari nel 1915 e nel 1916 per raccogliere fondi destinati all’acquisto di generi di prima necessità per i soldati al fronte. Il proprietario della struttura, nel 1919, ha ordinato la costruzione di una cabina per gli spettacoli cinematografici che, dagli anni Venti, accompagnano la regolare attività teatrale fino a sostituirla completamente. Gianolio ha raccontato inoltre della rappresentazione dell’operetta Capuccetto Rosso, avvenuta nel settembre 1932, in cui vi recitavano i bambini delle scuole elementari guidati da Carla Petroncini di Correggio e dal maestro di musica Remo Cucchi. Oggetto di repliche per diverse sere, ottenne tanta attenzione da essere raccontata per moltissimo tempo. Alcuni anni dopo si formò a Rio Saliceto una compagnia di filodrammatici dilettanti composta di studenti, insegnanti e operai.
Altre compagnie dello stesso genere si radunarono negli anni della guerra (1940-45) e misero in scena commedie di Niccodemi, Pirandello e di altri autori italiani; La nemica di Niccodemi ha ottenuto un travolgente successo ed è stata replicata per diverse sere. Negli stessi anni il teatro ha ospitato molte ’serate del dilettante’ con l’orchestra Pattuglia Gaia di Novellara. Il periodo del dopoguerra lo vede utilizzare soprattutto come cinematografo finché, ormai colpito da un avanzato stato di degrado, rischia la demolizione all’inizio degli anni Ottanta. L’acquisto dell’Amministrazione comunale ne ha determinato però il recupero, affidandolo all’architetto Luciano Pantaleoni. Il teatro ha riaperto le porte al pubblico Il 31 gennaio 1993 in occasione dell’esibizione dell’Orchestra Istituti Musicali A. Peri e C.Merulo. È stato però ufficialmente inaugurato l’11 marzo successivo con un concerto per flauto di Andrea Griminelli. A partire da quel giorno, il teatro è apparso più vivo che mai e vi si sono alternati spettacoli di prosa, operette, balletto, concerti e teatro per i ragazzi.
A livello architettonico, l’edificio è divenuto un curioso esempio di combinazione tra edilizia privata e pubblica. All’interno delle sue mura, infatti, convivono con il teatro, fin dalla sua origine, tre unità abitative che il restauro ha rispettato e recuperato. La facciata principale sulla via Garibaldi vanta le caratteristiche tipiche dell’abitazione privata: al piano terreno vi è l’ingresso al teatro sormontato da un balcone, sorretto da mensole con semplici ornamenti e parapetto di ferro, ai lati due vetrine (all’interno delle quali si trovavano altrettante botteghe). I piani superiori sono caratterizzati da tre finestre per piano e da una decorazione semplice ed essenziale, composta da cornici e modanature, che rispecchia perfettamente il gusto dell’epoca. I prospetti laterali, lasciati privi di decorazioni, prima dei lavori erano impreziositi dalla presenza disordinata di varie aperture. Queste documentano sia il poco interesse al momento della realizzazione, sia i successivi restauri per l’adeguamento del teatro alle normative di sicurezza.
L’intervento di recupero ha chiuso le aperture superflue, mantenendo solo le uscite di sicurezza e i finestrini che consentono di areare il tetto. Sul lato destro sono state costruite due nuove scale metalliche, una per le uscite di sicurezza del teatro e l’altra, di forma elicoidale, per l’accesso agli appartamenti. Secondo il progetto originale, questi due elementi dovrebbero dare una lettura immediata della funzione dell’edificio anche esternamente. Sul retro è stato costruito un nuovo corpo di fabbrica che prosegue quello originale. Qui sono stati ricavati più idonei locali di servizio al teatro (camerini, magazzino per gli scenari ecc.). Grazie all’eliminazione delle antiche botteghe è stato possibile allargare e ridisegnare l’atrio del teatro, inserirendovi la cassa, i servizi igienici, il guardaroba e la scala di accesso alle balconate. La sala teatrale, a pianta ellittica, è senza dubbio uno spazio di grande carattere e identità che, nonostante le misure assai ridotte sia in pianta che in alzato, sfrutta espedienti stilistici per apparire più ampia di quanto sia. Al suo interno contiene, oltre alla platea, due ordini di gallerie sostenuti da quattordici colonne poggianti su basamento e con capitelli corinzi dorati, secondo un’impostazione che richiama l’impianto classico e lo stile eclettico tipico dell’epoca.
Nonostante le lunghe e attente indagini sull’origine di questo teatro, non è ancora noto il nome del progettista. Si suppone sia opera di Pier Giacinto Terrachini (1853-1935), personalità eclettica e versatile cui si devono, tra gli altri, il grintoso piano urbanistico di Rio Saliceto, l’edificio del Comune, la sede della cooperativa Enologica riese e altri curiosi edifici a Correggio e San Martino in Rio. La sala, effettivamente, sembra rifletterne lo stile. Il restauro, pur non snaturandone le caratteristiche fondamentali, è stata radicale e per certi aspetti discutibile.
Sono stati rifatti in legno i pavimenti della platea e delle balconate, l’illuminazione originale costituita da semplici ma suggestive lampade in stile floreale di ferro battuto è stata ripristinata e integrata ove possibile, con l’integrazione di altri punti luce tramite moderne plafoniere. L’arcoscenico, di struttura e aspetto semplice, si presenta come unica decorazione due mensole con voluta sita ai due angoli in alto, mentre il palcoscenico è stato abbassato e ricostruito in legno per permettere una migliore visione dello spettacolo.
Sul soffitto della sala, leggermente voltato, manca il lampadario centrale e non riporta più traccia delle decorazioni originali (probabilmente angioletti dipinti). È stato quindi ridipinto con un effetto tromp-l’oeil in un tenue azzurro che rappresenta un cielo.
Dal soffitto delle balconate è stato eliminato l’intonaco e sono state messe a vista le pietre dei voltini. Sul fronte delle balconate, i cui ornamenti erano ormai molto sbiaditi, sono stati posizionati dei pannelli decorati dal pittore naif Luigi Pillitu. L’artista ha creato due nuovi ordini di segmenti con l’obiettivo di alternare figure dipinte di gusto fiabesco e ironico al pubblico reale. Su fondo nero ha pertanto rappresentato al primo ordine il direttore d’orchestra e i musicisti, mentre il secondo ordine spetta agli attori, ai giocolieri e ai clown. È rimasta intatta la cabina di regia e quella per le proiezioni cinematografiche, anche se non più in funzione.