Il faro di Santa Maria di Leuca, è lambito dalle acque dello Ionio salentino. Dal faro, allargando lo sguardo verso est si scorge il piazzale porticato della basilica di S. Maria de Finibus Terrae e poi il nastro d’asfalto della litoranea che viaggia parallela alla scogliera sull’Adriatico. L’ultima occhiata è per Punta Meliso, un triangolo di scogli appuntiti che per convenzione segna l’incontro dei due mari, lo Ionio e l’Adriatico. Sulle carte nautiche, in verità, la linea di confine è tracciata poco più a nord, all’altezza del faro di Punta Palascìa, a Otranto.
Questo faro è il più alto della Puglia: è una torre bianca ottagonale a 102,3 metri sul livello del mare, che dal 1886 segnala la linea di terra di chi naviga per mare. Una doppia scalinata monumentale, composta da due rampe a cielo aperto da circa 300 gradini ciascuna (254 sono invece i gradini della scala a chiocciola all’interno del faro), collega il promontorio del faro con il porto di Leuca. Il fanale di Santa Maria di Leuca emette luce intermittente con un intervallo di 15 secondi, che illumina fino a 25 miglia nautiche. Nel suo ventre cavo la lanterna custodisce una lampadina da 150W: di fatto tutto il gioco è dato dalla rifrazione e la diffrazione ottenute grazie alla lente di Fresnel, dal nome di un fisico francese che usò un sistema di prismi per riflettere e deviare le onde luminose. La lampada è una struttura circolare concentrica e rotante formata da tante formelle, inclinate alle estremità e verticali verso il centro. Grazie a queste formelle la luce viene indirizzata e moltiplicata, ed è visibile fino a quasi 50 km di distanza. Il guardiano del faro, Antonio, innamorato del suo lavoro come tutti i faristi, afferma che il momento più bello di stare in quel posto è il tramonto, quando Leuca diventa un presepe colorato di rosso. Però, aggiunge, bisogna anche apprezzare la solitudine per fare questo mestiere. Antonio è custode da 27 anni, abita con la sua famiglia nel faro e per la maggior parte dell’anno vivono isolati: d’inverno vedono arrivare solo pellegrini, mentre a luglio e agosto si concentrano i turisti. Antonio spiega che ora il faro è quasi completamente automatizzato, mentre una volta il meccanismo di rotazione aveva bisogno di “ricevere la corda” ogni 2 ore: la chiamavano “veglia dello scapolo” perché chi era addetto alla corda dormiva in brandina nell’alloggio in cima, sotto la lanterna. Oggi molti fari non hanno più personale all’interno, infatti ad Antonio e alla sua squadra, sotto la Direzione fari della Marina Militare,spetta anche la gestione di altri fari salentini.