In una sorgente d’acqua nei pressi di Macchia delle Valli è stato di recente rinvenuto un santuario etrusco-romano. Il complesso consta di una serie di ambienti rupestri, aree cultuali all’aperto e una modesta struttura edificata che custodiva arredi di culto e una statua in terracotta di una divinità femminile identificabile come la Dea greca Demetra (etrusca Vei, romana Cerere). La scultura raffigura la dea su un trono con una patera umbilicata nella mano destra e, nella sinistra, presumibilmente reggeva un fascio di spighe anche se mancano alcune dita alla mano. La cerimonia ha un carattere rurale che si fonda sull’acqua, a cui si attribuirono anche virtù terapeutiche come dimostrato dai numerosi votivi anatomici rinvenuti, che ne attestano il carattere propiziatorio per la fertilità e per la sanatio. La cella è posta entro un anfratto rupestre dalle cui pareti sembrerebbe essersi staccato un lastrone utilizzato poi come ’terrazzo’ per i culti. La cella è costruita in lastre di peperino ed ha il tetto a doppio spiovente con i timpani decorati con un disco rilevato. Nell’interno della piccola struttura, una parete è occupata da un banco di peperino monolitico sopra il quale era collocata la statua; nella parte destra è presente un tavolo rituale sotto cui sono stati trovati quattro reperti ceramici (tra cui due lucerne del periodo neroniano); accanto al tavolo si trovava un altare con una moneta bronzea imperiale, probabilmente l’ultima offerta prima dell’abbandono del luogo di culto. Nell’area d’ingresso, inizialmente coperta da una tettoia, erano disposti alcuni apprestamenti per le cerimonie: una vasca in peperino per la raccolta dell’acqua, un altare, una macina e un focolare. Nella cavità naturale, parzialmente trasformata dall’uomo e pronta per ospitare un donario votivo, è stata rinvenuta un’altra apertura che metteva in comunicazione l’antro con la cella. In questo punto si trovava una base di peperino sulla quale era posto un manufatto di argilla. Altri doni votivi erano presenti sotto la "terrazza", nella zona aperta di fronte e in prossimità della cella. Le ricerche archeologiche hanno dimostrato che il santuario è stato frequentato dalla fine del III secolo a. C. fino all’inizio del II d. C.