Panoramica
Alla fine di via del Quirinale sorge una chiesa barocca di piccole dimensioni (si dice che la sua area sarebbe pari a quella di uno solo dei pilastri della cupola di S. Pietro) che sorprende per la sua bellezza. È la chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane, per i romani semplicemente “S. Carlino”, uno dei capolavori del tormentato architetto Francesco Borromini. Il maestro ticinese lavorò a fasi alterne alla chiesa e all’annesso convento dei Trinitari dal 1638 fino alla sua morte, nel 1667: per una tragica beffa del destino, la cappella nella cripta che Borromini stesso aveva progettato per la sua sepoltura rimase vuota perché i Trinitari non accettarono la salma dell’architetto, morto suicida e ritenuto indegno di essere sepolto in chiesa. La bianca facciata a due ordini si presenta alta e stretta, con il tipico andamento “ondulato” amato da Borromini, scandito da colonne ioniche che reggono il cornicione centrale: nella nicchia principale spicca la statua di S. Carlo Borromeo, titolare della chiesa. Sia all’interno sia all’esterno prevalgono materiali umili come l’intonaco e lo stucco: è una scelta dettata dalla povertà dell’ordine religioso, ma anche dal gusto di Borromini, che ricercava la bellezza per vie più raffinate rispetto all’ostentazione di marmi e ori, puntando soprattutto sulla creatività del progetto. E infatti la creatività qui raggiunge livelli insuperabili, grazie alla pianta mistilinea che sovrappone un’ellissi, un rombo, due triangoli equilateri e due cerchi. Sulle pareti, poi, le colonne composite si innalzano come alberi in una piccola radura, creando l’impressione straniante di trovarsi all’interno di un organismo vivente. Infine, lo sguardo sale alla cupola ellittica, un miracolo di grazia. Qui Borromini evita i classici affreschi barocchi in favore di un gioco geometrico scavato in bianco su bianco, dove si intersecano ottagoni, esagoni e croci sempre più piccoli: ne risulta un effetto d’insieme senza precedenti nell’arte occidentale.