Vacanze di Natale in Friuli Venezia Giulia, tra sacro e profano
Dai piccoli villaggi dell’arco alpino ai borghi che si affacciano sul mare, la versione natalizia del Friuli Venezia Giulia è varia come i suoi paesaggi e la sua storia.
Si comincia già ai primi di dicembre per essere pronti all’arrivo di San Nicolò, il santo che ha dato origine a Santa Klaus e quindi a Babbo Natale e la cui tradizione è ancora molto sentita in tutti i territori appartenuti all’Impero austroungarico. Si finisce il 6 gennaio con i tradizionali fuochi epifanici e due messe che sono allo stesso tempo anche rievocazioni storiche. Tra le due date, presepi di ogni tipo e tanti canti natalizi.
San Nicolò e i krampus
Un corteo grottesco, guidato da un vecchio Santo dalla lunga barba bianca e in abiti cerimoniali. Dietro di lui un’orda di demoni urlanti, illuminati dalle luci fioche di tante fiaccole accese. Potrebbe sembrare la scena madre di un film horror, ma per Tarvisio e per la Valcanale questa descrizione fotografa un evento che si consuma ogni anno nella notte del 5 dicembre: è il tradizionale rito dei krampus, figure mitiche che accompagnano, con suoni sinistri e striduli, l’arrivo di San Nicolò nelle strade della cittadina tarvisiana.
Dietro la folkloristica sfilata dei krampus, condivisa dalle genti di tutta la vallata, si nascondono storie leggendarie le cui ombre si allungano fino alla notte dei tempi. Una di queste racconta di furti e razzie delle scorte invernali da parte di un gruppo di giovani, che per non farsi riconoscere utilizzavano travestimenti come pelli e corna di animali. Tra loro, però, si insinuò una vera presenza demoniaca, riconoscibile dai piedi a forma di zoccolo di capra. Per debellare il paese da questa presenza terrificante venne chiamato il vescovo Nicola, che riuscì a sconfiggere il demonio.
Da allora, sin dalle prime ombre della sera del 5 dicembre, i krampus scendono dai boschi della montagna e invadono le strade di Tarvisio e dei paesi vicini. Il corteo rumoreggia e si dibatte fino ad arrivare a valle, dove viene acceso un grande falò. Conclusa l’originale parata, San Nicolò guida il corteo demoniaco nuovamente verso il silenzio e il buio del bosco, per fare ritorno solo l’anno successivo.
I presepi
La radicata tradizione religiosa del Natale in Friuli Venezia Giulia si esprime soprattutto attraverso i presepi. Ogni anno, sono in mostra presepi di legno scolpiti sotto gli occhi dei visitatori, presepi di sabbia, di cartocci di granoturco, di paglia, presepi piccolissimi e presepi giganti, presepi viventi e meccanici e, anche, presepi subacquei: in Friuli Venezia Giulia, terra di grandi abilità artigiane, dicembre è per eccellenza il mese della fantasia.
Nel comune di Forgaria, è il pittoresco lago di Cornino a fare da cornice a un presepio altrettanto spettacolare che viene allestito in fondo al lago. A Lignano Sabbiadoro, invece, il presepio non può che essere di sabbia, materiale che si adatta molto bene a questa rappresentazione e soprattutto è accessibile a tutti. A Ravascletto vengono esposti i presepi realizzati dai discendenti dei cramârs, i venditori ambulanti della Carnia attivi dal XVI al XIX secolo che nei mesi invernali giravano per l’intera Europa trasportando tessuti e spezie. A Sutrio, il celebre presepe di Teno è visitabile tutto l’anno: riproduce in miniatura gli usi e i costumi tradizionali del paese, con scene che si animano grazie a una serie di perfetti ingranaggi meccanici. A Spilimbergo il presepe rinnova una storica identità culturale e valorizza un comparto artigiano di eccellenza, vanto della Regione Friuli Venezia Giulia, il mosaico. Le figure del presepio, rivestite in mosaico fronte retro dallo splendore di ori e smalti di vetro colorati compongono un'opera unica al mondo e offrono incantevole scenografia in uno spazio urbano di pregio, tra i maggiori edifici storici medievali e rinascimentali del borgo antico.
A Selz di Ronchi dei Legionari il presepe è in movimento, con oltre 300 figure animate da un solo motore che fa funzionare la composizione come un orologio, senza spaghi né fili di ferro e neanche molle. Il presepio di Corgnolo di Porpetto, allestito all’aperto fra i tre rami della roggia Corgnolizza e inserito fra antichi edifici oramai disabitati che ne conferiscono il fascino di altri tempi, è caratteristico per la presenza di animali vivi come oche, anatre, galline, pecore, asini, capre e maiali. A Poffabro, uno dei borghi più belli d’Italia, tutte le nicchie e i balconi delle case ospitano un presepe: l’atmosfera diviene speciale all’imbrunire, quando le luci si accendono e Poffabro si trasforma in un “Presepe tra i Presepi”. Le bellezze naturalistiche di questo borgo si fondono con quelle architettoniche delle caratteristiche case in pietra a vista e legno, dove ampi ballatoi si aprono sulle stradine lastricate. Infine, a Grado Gesù nasce nella laguna: al posto delle capanne ci sono i casoni e invece dei pastorelli ci sono i pescatori.
Le Messe dello Spadone e del Tallero
La Messa dello Spadone è un rito religioso che ricorda l’investitura politica di Marquardo von Randeck a Patriarca di Aquileia, avvenuta nel 1366 a Cividale del Friuli. Da allora, la Messa rievocativa è stata celebrata in questa città ogni anno, a ogni Epifania. Il Patriarcato di Aquileia fu una realtà ecclesiale e giuridica molto vasta e tra le più importanti del Medioevo europeo. All’entità esclusivamente religiosa delle origini si affiancò, nel 1077, anche l’istituzione feudale che trasformò il Patriarcato in una sorta di principato ecclesiastico di stampo tedesco. La Messa prevede l’utilizzo di una spada (copia dello spadone appartenuto a Marquardo) con cui un diacono saluta i presenti in vari momenti della liturgia.
La Messa del Tallero si celebra, invece, a Gemona del Friuli. Coniuga il rito religioso con quello civile: il suo significato è infatti la collaborazione tra le autorità cittadine per il conseguimento del bene comune. Ha avuto origine nel Medioevo, ma il nome attuale si riferisce alla dominazione austriaca, quando la moneta utilizzata era il tallero di Maria Teresa d’Austria. La cerimonia ha inizio dalla sede comunale: il sindaco, accompagnato da un paggio che porta il tallero e da altri figuranti in costume, si reca al duomo e bussa al portone che gli viene aperto dal diacono. La Messa si svolge in latino e in friulano e il Vangelo si canta secondo il rito patriarchino.
I canti
Ma che cos’è il “rito patriarchino”? Come è facile immaginare, è il canto della Chiesa di Aquileia ed è costituito da numerose melodie popolari, di tradizione secolare e fino al secolo scorso trasmesse solo oralmente. Comprende varie tipologie di canti, tra cui il più noto è il Missus, il brano evangelico dell’Annunciazione, che si canta ancora in numerose parrocchie del Friuli nella Novena di Natale, dal 15 al 23 dicembre.
La grande tradizione corale del Friuli Venezia Giulia si esprime però in tutto il periodo natalizio in particolare nella tradizionale rassegna Nativitas: 150 eventi distribuiti in tutta la regione che propongono un Natale radicato nella storia e nelle tradizioni di questa terra di confine, punto di incontro di popoli, fedi e storie diverse.
I pignarûi
Nel giorno dell’Epifania si rivivono antichi rituali che affondano nei secoli la propria origine. Il protagonista assoluto è il fuoco, che in gran parte del Friuli illumina la notte del 6 gennaio nel tipico rito del falò propiziatorio chiamato “pignarûl”. La tradizione, che sembra provenire da un antico rituale celtico in onore del dio Beleno, rappresenta la volontà e la necessità di “bruciare” il vecchio per lasciar spazio al nuovo. Rivisitata nei secoli anche in chiave cristiana, è riproposta ancora in moltissime località con rituali e coreografie diverse e una partecipazione popolare sempre intensa vista l’occasione di incontro e di festa: attorno al fuoco, infatti, le persone intervenute si scambiano gli auguri per il nuovo anno sorseggiando un caldo vin brulé.
Tra tutte, l’Epifania di Tarcento ha una fama speciale e meritata: organizzata come una vera e propria rievocazione storica, riesce a far rivivere emozioni mai sopite. Comincia con una lunga e intensa vigilia: la sera del 5 gennaio i “pignarulârs”, che nei giorni precedenti hanno preparato le cataste e le pire nelle borgate e sui colli circostanti, guidano una festosa fiaccolata che illumina le strade della cittadina per chiudere poi la serata con la spettacolare corsa dei carri infuocati. Nel pomeriggio del 6 gennaio, invece, il centro cittadino si anima con il corteo storico dei nobili signori e dame del Duecento friulano che rappresenta la solenne investitura feudale del nobile Artico di Castel Porpetto da parte del patriarca di Aquileia, avvenuta nel 1290. Il fatto è raccontato dal Vecchio Venerando, una figura a metà tra sacerdote e capo di borgata, che invita tutti a seguirlo lungo l'erta di un colle, fiaccole alla mano, per l’accensione del “Pignarûl Grant”: in base alla direzione del fumo, il Vecchi Venerando darà gli auspici per l’anno nuovo. A seguire, vengono accesi anche tutti gli altri falò della conca che circonda Tarcento, dando vita a uno spettacolo di grande suggestione.