La sede della Pinacoteca, il complesso conventuale dei Santi Nicolò e Domenico, è stata sottoposta in questi anni a lunghi lavori di ristrutturazione degli ambienti, in modo che gli istituti museali "Imola Musei" potessero essere accolti in un unico edificio. Attualmente l’itinerario espositivo consente di visitare soltanto le sale della Pinacoteca Comunale, la cui collezione si compone di circa cento opere, prevalentemente di ambito bolognese, realizzate tra il XV e il XXI secolo. Il nucleo principale della raccolta è stato arricchito dall’esposizione di ulteriori collezioni, tra cui quella dei disegni antichi, delle ceramiche medievali e moderne, delle monete e medaglie e del materiale lapideo. Il nuovo assetto espositivo prevederà anche la riapertura dello storico Museo Naturalistico Giuseppe Scarabelli, un caso esemplare di allestimento museografico di tipo ottocentesco, che per alcuni anni è stato inaccessibile al pubblico tranne per una sezione creata appositamente per le attività didattiche. Tornerà ad accogliere i visitatori anche il Museo Archeologico, permettendo di mostrare e valorizzare i risultati di oltre un secolo di ricerche condotte a Imola e dintorni. Da ultimo, il Museo del Risorgimento, già ospitato nell’ex convento di San Francesco, è stato smontanto nel 2001 per un necessario adeguamento strutturale dei locali e tutto il materiale museale è stato trasferito nel deposito dei Musei Civici.
PINACOTECA COMUNALE: La prima raccolta che ha dato origine alle collezione della Pinacoteca Civica risale all’Iconoteca degli illustri imolesi, ovvero una galleria di ritratti, allestita dal medico imolese Luigi Angeli nel 1819 e ancora visibile nel corridoio superiore della Biblioteca comunale. Ufficialmente, però la pinacoteca vine istituita nel 1868, dopo che era stata avviata la raccolta da parte del sindaco Giovanni Codronchi Argeli di dipinti e sculture di proprietà comunale, di privati e degli ordini religiosi che in passato erano stati soppressi e che vede per circa un decennio un’apertura quotidiana. L’attuale allestimento nell’ex convento di San Domenico risale al 1988 e proprone i lavori appartenenti a varie epoche e scuole, di diverso formato e differenti qualità, in un percorso che ricollega le opere in museo con il patrimonio di edifici e documenti artistici presenti in città. La visita inizia con un gruppo di pregevoli affreschi quattrocenteschi; da notare il "S. Cristoforo" di Tommaso Cardello datato 1469, la "Madonna in trono col Bambino e S. Antonio" di Cristoforo Scaletti e l’interessante frammento con l’Annunciazione messo in luce proprio durante i lavori di recupero nel convento di San Domenico. Dopo aver percorso una lunga galleria che mette insieme una serie di riproduzioni di dipinti un tempo presenti a Imola, ora in altre città dopo dispersioni e vendite, si accede all’antico dormitorio del convento dove sono esposti i dipinti di soggetto religioso: agli artisti operanti nel Quattrocento, come il "Maestro del Trittico di Imola" ed il veneto Pelosio si affiancano lavori del Cinquecento di autori locali, come Innocenzo da Imola e Gaspare Sacchi. Il Martirio di Santo Stefano del manierista Samachini rappreseneta la scuola bolognese, insieme alla tela seicentesca di D.M. Viani e un piccolo dipinto di Ubaldo Gandolfi. Completano il panorama delle opere di soggetto sacro alcuni dipinti di Lavinia Fontana (1522-1614) e del forlivese G. Zampa (1731-1808). Le piccole camere monastiche ora ospitano opere da collezioni private; si segnalano in particolare due nature morte del Codino (primi decenni del XVII secolo) e quattro tele di paesaggi di G.G. Santi del 1685, il Ritratto di giovane gentiluomo di B. Cesi (1556-1629) ed un bozzetto di Ubaldo Gandolfi. Una serie di ritratti fra cui quello dei due bambini della famiglia Gommi di G. Zampa completano il panorama delle quadrerie private. La mostra si chiude con la sezione di opere di arte contemporanea: ad artisti imolesi come A. Montevecchi, T. Dalla Volpe, A. Margotti, M.G. Dal Monte, G. Sartelli si affiancano opere di Guttuso, De Pisis, Casorati, Cantatore, Tilson. Oltre alla mostra permanente va aggiunta anche l’attività espositiva temporanea della Pinacoteca, che si organizza tra il quadriloggiato e gli spazi adiacenti, noti come Chiostri di San Domenico, e la vicina Rocca Sforzesca: nei Chiostri sono state allestite le mostre Nuove presenze nell’arte italiana (1970), Intorno al Sessanta. Aspetti dell’arte italiana dopo l’informale 1958-1964 ( 1988), Andrea Raccagni. L’informale e Liberi 1945-1965 (1993), Germano Sartelli 1954-1994 (1994), Salgado. La mano dell’uomo (1996), Eccentrica (1999), Italo Zuffi. Profilati (1999), Sabrina Torelli. Complanari (2000), Sabrina Mezzaqui. Pensieri in sottofondo (2000), Tonino Gottarelli. La poesia si fa immagine (2000); nonché i Chiostri sono stati una delle sedi in cui si articolava la serie di Officine dedicate da Renato Barilli all’Emilia Romagna, all’Italia e all’America del nord. Si ricordano anche Inchiostro. Selezione artenati 2005, e il ciclo d’incontri Mission: possible con artisti e curatori di arte pubblica Roberto Daolio, Mili Romano (Cuore di Pietra) per Ad’a nel 2006, alla quale hanno partecipato fra gli altri nel corso del tempo, Maurizio Bolognini, cocacolascompany, Michael Fliri, Globalgroove, Michela Ravaglia, Antonio Riello, Petar Stanovic, Luca Vitone, Marco di Giovanni e Gian Domenico Sozzi.
Il 2009 è stato l’anno della mostra "Mario Guido Dal Monte. Dal Futurismo all’Informale, al Neoconcreto, attraverso le avanguardie artistiche del Novecento" curata da Enrico Crispolti, mentre nel 2010 Eva Marisaldi col progetto "Cantiere/Cose mai viste" ha rivisitato gli spazi non accessibili del Museo. Nel 2011 si è svolta la mostra "Concorso piazza. Lo spazio sotto il cielo", dove sono stati presentati al pubblico i cinque progetti candidati alla realizzazione della nuova opera d’arte da porre in Piazza Matteotti a Imola. Tra i cinque (realizzati da: Alfredo Jaar, Studio Azzurro, Grazia Toderi, Luca Vitone e Krzysztof Wodiczko), due soli (quelli di Studio Azzurro e Krzysztof Wodiczko) sono arrivati in finale e la mostra ha avuto come obiettivo quello di permette ai cittadini imolesi il più meritevole e adeguato tra i due.
MUSEO ARCHEOLOGICO NATURALISTICO GIUSEPPE SCARABELLI: Il civico Museo di Storia Naturale e di Archeologia deve la sua fondazione, attorno alla metà del XIX secolo, all’impegno di un gruppo di scienziati imolesi capeggiati da Giuseppe Scarabelli, geologo e paleontologo . Le collezioni museali, fra le quali particolarmente pregia è la raccolta derivante direttamente dalle ricerche dello Scarabelli in suolo imolese, pur avendo conosciuto col tempo aggiustamenti di assetto, non hanno subito sostanziali manomissioni e mantengono intatto uno spirito museografico che ben rappresenta lo spirito che ha dato loro origine. Le iniziali collezioni naturalistiche sono state integrate da quelle di archeologia, etnografia e culture extraeuropee. La fisionomia del museo, pur articolata, mostra dunque una forte impronta naturalistica che deriva dal ricco patrimonio di materiale affine alle scienze naturali. Si annoverano alcune raccolte di grandissimo valore, fra le quali vanno menzionate la collezione ornitologica, formata specialmente da avifauna locale. Il settore naturalistico comprende, ancora, numerosi uccelli in forma tassidermizzata, coleotteri, rettili, una collezione di malacofauna locale, dal Mediterraneo e dal Mar Rosso, diverse campionature di minerali, fossili e pietre dure originarie della penisola italiana e di altre parti del mondo. Di particolare interesse è la raccolta geologica e paleontologica costituita dallo Scarabelli: fra le rocce, i fossili e i resti osteologici di maggiore rilievo scientifico si hanno i campioni delle varie formazioni geologiche marchigiane e dell’Appennino tosco-romagnolo, la flora e la fauna fossili delle filliti del Senigalliese, la celebre "Fauna di Imola" a mammiferi terrestri del Quaternario. Alle indagini portate avanti dallo Scarabelli in territorio imolese si legano gli importanti nuclei archeologici del museo. Merito suo sonno, infatti, la scoperta e lo scavo della Grotta del Re Tiberio e delle famose stazioni dell’età del Bronzo di Monte Castellaccio e S. Giuliano di Toscanella. In coincidenza con il novantesimo anniversario della scomparsa dello Scarabelli, nel 1995, ha preso vita un progetto di recupero che, nel pieno rispetto filologico dell’impostazione voluta dal suo fondatore, oltre al ripristino espositivo, ha reso possibile sia la revisione scientifica del patrimonio geologico e archeologico, sia l’allestimento di una serie di mostre e la stampa dei cataloghi delle collezioni. Alla sezione naturalistica va aggiunta la collezione entomologica Pirazzoli, formata da oltre ottomila specie; l’erbario Tassinari; la raccolta etnografica proveniente da diversi paesi del globo, interessante e suggestiva.
MUSEO ARCHEOLOGICO: Il Museo archeologico sarà ospitato negli spazi espositivi del Museo di San Domenico. La nuova sistemazione permetterà di valorizzare i risultati di oltre un secolo di intense indagini effettuate non solo nel Comune di Imola ma in tutta la fascia compresa tra i fiumi Senio e Sillaro, che rientravano in età romana al centro di Forum Corneli. Gli scavi hanno restituito una considerevole quantità di resti che hanno arricchito le testimonianze sull’antica presenza dell’uomo nel territorio, dalla preistoria all’alto Medioevo. Il nucleo più antico è costituito dai materiali rinvenuti durante le esplorazioni ottocentesche di Giuseppe Scarabelli nella Grotta del Re Tiberio, sul Monte Castellaccio e a S.Giuliano di Toscanella, integrate poi con i ritrovamenti di scavi successivi. In particolare, l’ultimo trentennio ha restituito un gruppo di materiale archeologico di grandissimo pregio ed interesse: è il caso delle scoperte portate avanti a Pontesanto, con il rinvenimento di un nucleo abitativo e sepolcrale aristocratico di cultura villanoviana, e nell’ex cinema Modernissimo, dove sono stati localizzati il foro e l’area sacra di epoca romana. A questi vanno aggiunte altre testimonianze che contribuiscono a migliorare la conoscenza del passato, il ritrovamento di impianti artigianali e commerciali, le tracce del tessuto urbano, l’individuazione delle risorse idriche e di strutture pubbliche, come delle costruzioni abitative testimoniata dalle domus romane ritrovate nel centro storico. L’epoca tardoantica e alto medievale, invece, è trattata grazie ai materiali di pertinenza ecclesiastica.
MUSEO DEL RISORGIMENTO: Inaugurato nel 1938 per iniziativa di Romeo Galli, bibliotecario e conservatore delle raccolte civiche d’arte della città di Imola, era posto al piano terra dell’ex convento di San Francesco, sede anche della Biblioteca comunale e del Teatro. La raccolta iniziale è costituita dalla donazione del conte Antonio Domenico Gamberini (1831-1910), patriota e deputato nel 1859 dell’Assemblea delle Romagne, nonché da armi, uniformi, lettere, testimonianze iconografiche, bandi e proclami che documentano la partecipazione degli abitanti di Imola alle vicende risorgimentali. Il percorso organizza i materiali esposti in ordine cronologico, dall’occupazione francese (1796-1814) e racchiude la documentazione su Pio VII Chiaramonti, che fu vescovo di Imola. Si passa quindi ai primi moti e alla prima guerra d’indipendenza (1821-1849) con oggetti e documenti su Giovanni Maria Mastai Ferretti vescovo di Imola, poi papa Pio IX. Gli avvenimenti legati a Garibaldi sono largamente illustrati, mentre l’utlima parte del museo è dedicata al contributo degli abitanti di Imola alle guerre coloniali e al primo conflitto mondiale, senza dimenticare alcuni reperti significativi dell’epoca fascista e della seconda guerra mondiale.