Da ormai quasi trentacinque anni, dal 1985, l’ex monastero di Sant’Agostino ospita il Museo di Verucchio. Nel 1995, sono stati avviati importanti lavori di ammodernamento con ampliamento degli spazi museali, al fine di offrire una rappresentazione della civiltà villanoviana completa ed esaustiva e sfruttare un sistema di divulgazione didattica e allestimenti più moderni per mettere ben in luce tutte le parti che articolano la sezione archeologica della mostra.
Le prime notizie di ritrovamenti nella zona risalgono al Seicento, ma è stato soltanto dalla metà del Novecento che gli scavi hanno fatto emergere i primi ritrovamenti sull’antico insediamento villlanoviano e la sua straordinaria realtà nell’età del Ferro. Dal IX al VII secolo a.C. Verucchio è stato il nucleo principale di gruppi villanoviani nella parte più interna dell’entroterra romangolo, sede di un abitato capannicolo che sorgeva sulla sommità della collina, a ridosso del fiume Marecchia. Lungo le strade che dalle abitazioni portavano alle terre cirostanti, sui declivi del colle, sono state trovate delle caratteristiche necropoli costituite da centinaia di tombe. La posizione strategica in mezzo alla Val Marecchia e alla Val Tiberina, ha consentito all’insediamento di ampliare la sua influenza sull’intero territorio adriatico, dotandosi di una forte organizzazione urbana e sociale. Il crocevia tra la Val Marecchia e la Val Tiberina, infatti, era un vero e proprio crocevia dei traffici commerciali tra la Toscana e il Lazio. Le numerose tombe con i relativi corredi funerari rinvenute ai piedi del colle sono una chiara testimonianza della struttura ben definita, con la distinzione tra le classi sociali. Queste, tutte molto ricche e preziose, segno di un benessere generale anche nei ranghi più bassi della scala sociale, hanno restituito materiali di eccezionale valore, come armi, scudi, oreficerie e vasellame: dei corredi a dir poco principeschi.
Tutti i reperti rinvenuti sono custoditi nel Museo e disposti seguendo la linea temporale e per alcuni di essi è stato anche ricostruita anche la tomba di provenienza, tenendo conto della forma e delle dimensioni originali della struttura e, quando è stato possibile, posizionare gli oggetti al suo interno, restituendo un’immagine completa e quanto più vicina alla verità. Di estrema importanza e rarità sono i materiali organici di vario tipo giunti fino ai nostri tempi grazia alla particolare qualità del terreno in cui sono stati sepolti. In questa categoria è possibile spaziare dai cibi e offerte alimentari, ai tessuti, agli oggetti in vimini, e sopratutto i manufatti in legno, in particolare gli arredi come tavolini, sgabelli, troni, poggiapiedi, casse e scatole di ogni tipo. Degno di nota è il prezioso trono intarsiato con scene figurate della tomba Lippi 89.
Per il loro carattere unico vanno pure segnalati i tessuti in lana, fra i quali una toga di grandi dimensioni, a cui si aggiunge una ricca quantità di ornamenti in ambra, materia prima molto ricercata e richiesta dal mercato nell’antichità, che aveva in Verucchio uno dei principali centri di smistamento.
Il 2005 segna la data di inizio di nuove campagne di scavo nella necropoli Lippi, che hanno portato alla luce più di cinquanta incredibili sepolture con relativi corredi, parte dei quali sono stati già restaurati e resi disponibili al pubblico nella sala “Nuovi Scavi”, l’ultima ad essere stata allestita. Altri reperti verucchiesi sono conservati al Museo della Città di Rimini e al Museo Civico Archeologico di Bologna, dove è possibile ammirare il ricchissimo mobilio di una tomba del sepolcreto Lippi, insieme ad oggetti ritrovati durante gli scavi condotti da Edoardo Brizio sul finire del secolo scorso.