Santuario di Maria SS. di Custonaci
Secondo una leggenda tutto ebbe inizio intorno al XV-XVI secolo, quando una nave forse veneziana diretta a Marsiglia, forse francese proveniente da Alessandria d’Egitto, si imbatté in una burrascosa tempesta e trovò riparo a cala Bukutu, nella baia di Cornino, alle pendici del monte Còfano. I marinai rifugiatisi nella stiva trovarono un quadro della Madonna, rimasto incolume dalla tormenta, e a lei chiesero aiuto. La Madonna del Latte, così chiamata per la sua raffigurazione nel momento dell’allattamento, protesse i naufraghi che, in cambio, portarono in salvo la sua immagine e innalzarono in suo onore un luogo di culto nella preesistente cappella rupestre in prossimità della collina di Custonaci. La devozione alla Madonna cristiana dai poteri taumaturgici andò presto a sostituire quella della pagana Venere ericina, diventando a tutti gli effetti patrona del territorio agro-ericino.
Giunti a piazza Santuario a Custonaci vedrete, dai piedi di un’imponente scalinata, il santuario di Maria SS. di Custonaci, che si erge sulla collina custonacese. È qui che, la domenica prima dell’ultimo mercoledì di agosto, inizia ufficialmente la celebrazione della Vergine. Il sagrato è costituito da ciottoli fluviali decorati con motivi floreali e geometrici, mentre l’interno, a croce romana a tre navate, alterna linee neogotiche ad altre barocche. Il santuario conserva ancora oggi, nella nicchia centrale, il quadro di cui parla la leggenda, forse attribuibile a un allievo di Antonello da Messina.
Custonaci
Il piccolo comune di Custonaci, primo bacino marmifero in Sicilia, secondo in Italia (dopo Carrara) e in Europa, si è sviluppato tutto intorno al santuario della Madonna e, proprio rivolgendovi verso questo antichissimo e imponente luogo di culto, il vostro sguardo incontrerà il complesso dello Sparagio, messo in risalto dai bianchi tagli geometrici delle cave marmoree. Tutto il paese è protagonista delle celebrazioni del culto mariano. La prima domenica di festeggiamenti si comincia con la messa al santuario per poi continuare, tra cori e bande, nelle piazze principali e nel centro storico. Il giro bandistico continua anche nei giorni successivi, quando i fedeli portano l’icona da Custonaci fino a cala Bukutu per la rievocazione storica per poi tornare al santuario.
Il culto della Madonna è molto sentito tutt’oggi, tanto che nel 2012 è stata realizzata in perlato di Sicilia, il marmo estratto dalle cave marmifere di Custonaci, una statua alta 5 metri e di circa 11 tonnellate. L’effige, rinominata Stella Maris, segnalata da una boa rossa, è stata posta sul fondale marino della baia di Cornino a circa 13 metri di profondità.
Baia di Cornino
Cornino, alle pendici della città di Custonaci, si trova compresa tra Lido Valderice, frazione di Valderice, e Castelluzzo, frazione di San Vito Lo Capo. Si tratta di un minuscolo borghetto, ancora in provincia di Trapani, che vanta una bellissima spiaggia. È proprio cala Bukutu, nella baia di Cornino: lo stesso punto in cui leggenda vuole che attorno al XV-XVI secolo, una nave probabilmente francese con a bordo il quadro della Madonna attraccò per salvarsi da una bufera, radicando così per sempre il culto mariano a Custonaci. A cala Bukutu, infatti, il lunedì di festa avviene la rievocazione storica dello sbarco, con l’arrivo di un veliero e l’approdo di una copia del quadro nella baia illuminata dai fuochi d’artificio e alla presenza dei fedeli con fiaccole in mano, pronti ad accompagnare in processione la sacra immagine fino al santuario.
Passeggiando sulla spiaggia sabbiosa della baia raggiungete la scogliera che va a congiungersi col monte Còfano, promontorio dolomitico a strapiombo sul mare. Il periplo del monte è di circa 5,4 chilometri e potete scegliere di percorrerlo a piedi, in bicicletta, ma anche a cavallo. L’escursione nella Riserva Naturale Orientata Monte Còfano, immersi in un paesaggio carsico segnato da scanalature rocciose, vi permetterà di godere di un belvedere su tutto il golfo di Custonaci. Dalla baia di Cornino non perdetevi un’altra passeggiata: quella che conduce alla particolarissima Grotta Mangiapane: in estate è sede di un museo vivente sugli usi e costumi dell’antico villaggio contadino, mentre a Natale è la cornice di un presepe vivente a cui partecipano ogni anno un centinaio di figuranti. Negli ultimi anni questo luogo è stato valorizzato come merita. Dopo una giornata di sole nella baia di Cornino, concedetevi una sosta nell’angolo ristoro allestito di fronte la grotta e godete della vista doppiamente mozzafiato: da un lato, la Grotta Mangiapane con tanto di asini e altri animali locali; dall’altro, un magnifico mare che si perde all’orizzonte. Siete quasi al termine del vostro itinerario. Seguendo le tracce dell’antico pellegrinaggio, l’ultima tappa è Erice.
Erice
Il caratteristico borgo di Erice, che fino al 1934 aveva nome di Monte San Giuliano, guarda dall’alto il comune di Valderice, ai suoi piedi. La sua storia è legata alla dea della fecondità, la Venere ericina, romana e dunque pagana. Ne portano il ricordo il profumo di fiori nell’aria, la freschezza della flora e il castello. Il culto di questa dea, invece, venne poi sostituito da quello della Madonna di Custonaci, patrona anche di Erice e Valderice: fino al 1936, il quadro della santa veniva portato in processione dentro a una cassa proprio fino al monte Erice. Immaginate effettivamente l’immane sforzo dei fedeli che, cassa in spalla, percorrevano la ripida salita fino a Erice.
L’immagine fu, infine, dichiarata inamovibile a causa di un danneggiamento subìto durante il faticoso trasporto, che avveniva sulle spalle dei custonacesi e su quelle degli ericini, e da allora il monte San Giuliano non vide più giungere la Vergine sulla sua sommità.
Erice è nota anche per i suoi riti della Settimana Santa, simile a quelli più celebri di Trapani.
Giunti a Erice, in auto o con la funivia (in funzione a ciclo continuo), lasciatevi sedurre da questo splendido luogo che evoca atmosfere passate e diverse in ogni suo angolo, in ogni vicolo e in ogni slargo. Erice fu influenzata prima dagli arabi e poi, nel XII secolo, dai normanni, che la ripopolarono ed eressero nuovi edifici. Un esempio è il castello costruito sui resti di un precedente santuario, fulcro di un sistema difensivo che comprendeva anche le torri del Balio, a cui nell’800 il conte Agostino Pepoli fece annettere un bel giardino pubblico all’inglese. Visitate, quindi, il castello di Venere, risalente al XII-XIII secolo ed eretto sulla rocca di frequentazione preistorica, sede probabilmente del culto dell’antica divinità romana legata alla fecondità. Da qui vi si apriranno panorami vertiginosi su Trapani, le saline, le Egadi, il monte Còfano, San Vito Lo Capo e l’Agrigentino.