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Giro d'Italia

Sulle orme del Giro d’Italia 2022: Rivarolo Canavese-Cogne

Tipologia
Percorso in bici
Durata
1 giorno
Numero Tappe
3
Difficoltà
Difficile

Le montagne chiamano e voi rispondete. Come? Pedalando in mezzo alle vigne piemontesi, lungo la Dora Baltea, sui tornanti circondati dai prati alpini, sempre con lo sguardo rivolto alle vette. Sembra un sogno, invece è tutto vero

Al cospetto di Madre Natura

Incuneato tra Torino, la Valle d’Aosta e la Francia, il Canavese è un territorio unico: qui si trova la Serra di Ivrea, la collina di origine morenica più lunga d’Europa, che fa da contrasto alle ampie distese pianeggianti punteggiate da laghi e cime innevate. Lungo le strade del vino o affiancando il corso della Dora Baltea, il fiume che nasce dalle vette Alpine per buttarsi 160 chilometri dopo nelle acque del Po, s’intuisce perché questi luoghi sono diventati meta di un turismo lento e rispettoso dell’ambiente. Del resto, siamo nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, la prima area protetta d’Italia, dove i grandi ghiacciai hanno modellato le vette e i torrenti hanno plasmato le valli: da 100 anni è il simbolo dell’interazione perfetta tra l’uomo e la natura.

Sui pedali fino al Gran Paradiso

Dai vigneti del Canavese rotta lungo la valle della Dora Baltea, per poi entrare nel regno dei ghiacciai e degli stambecchi: il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Siamo sicuri di essere nel presente? È questa la domanda che vi farete avanzando lungo l’itinerario di cui parliamo in questo articolo, ispirato alla tappa numero 15 del Giro d’Italia 2022. Perché qui il tempo sembra essersi fermato, impigliato quasi per sbaglio nelle rocce dei ponti e dei castelli. La natura detta i ritmi e l’uomo si adegua senza protestare. Voi fate lo stesso: prendetevi una pausa ogni volta che una meraviglia cattura la vostra attenzione. E lasciatevi conquistare. 

Nel Canavese, in mezzo ai castelli

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I primi chilometri di questo tracciato che parte da Rivarolo Canavese, s’infilano in un territorio costellato di borghi con un comune denominatore: tutti hanno un castello, un antico maniero, una torre difensiva, i resti di una fortezza. Il consiglio è di visitare il Castello Ducale di Aglié, parte delle Residenze Reali Sabaude del Piemonte, per il suo mix di stili architettonici che testimoniano oltre 7 secoli di storia, dal Medioevo all’Ottocento. Ripreso l’itinerario che scorre lungo la Dora Baltea, vi ritroverete tra campi di fiori e vigneti autoctoni, che a tavola ritrovate in uno dei vini più pregiati del Piemonte: l’Erbaluce. Certo, non è l’ideale prima di affrontare le montagne, ma consolatevi sapendo che avete ancora qualche decina di chilometri piuttosto facili prima che il tracciato inizi a salire in modo verticale. In mezzo, potete fare una sosta nell’elegante borgo di Pont St. Martin, in Valle d’Aosta. Ripartirete con un’immagine nel cuore: quella del monumentale ponte romano ad arco del primo secolo a.C. che collega le due sponde del torrente Lys.

Ad Aosta, sulle tracce dei Romani

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Nella parte centrale del nostro itinerario vi attendono due scalate degne delle più grandi imprese ciclistiche della storia: entrambe lunghe più di 15 chilometri, ricche di tornanti, immerse in scenari di rara bellezza. La prima, da Pollein alla località sciistica di Pila, vanta un dislivello da far tremare le gambe: quasi 850 metri. Fate attenzione anche alla discesa, tanto ripida da farvi prendere velocità facilmente. Una volta entrati ad Aosta, però, farete un tale balzo indietro nella storia che dimenticherete la fatica. La città fondata dai Romani nel 25 a.C., infatti, conserva ancora i segni dei suoi fasti antichi: l’Arco di Augusto, per esempio, ma anche i resti del Teatro Romano, con una facciata alta ben 22 metri, il Foro e il Criptoportico Forense (una galleria sotterranea sorretta da archi) o il Ponte Romano. Una volta rimontati in sella, vi aspetta la seconda salita: 17 chilometri con muri che superano il 20 per cento e un regalo finale. L’arrivo a Verrogne, a 1582 metri di quota, un’antica frazione completamente recuperata, dove resterete incantati dal vecchio mulino, dalla segheria, dalle vie piastrellate di roccia, dai fontanili e dai canali d’acqua. Lasciare questo gioiello per scendere a valle non sarà semplice. 

A Cogne, la terrazza tra i monti

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Da Aymavilles la strada inizia ad arrampicare in direzione di Cogne. Vi aspetta una salita di 25 chilometri, con ampi tornanti e, nei pressi del villaggio di Pondel, una chicca dove vale la pena fermarsi: si tratta del ponte-acquedotto realizzato nel 3 a.C. e perfettamente conservato, un gigante in pietra che scavalca il torrente Grand Eyvia, 56 metri più sotto. La prima metà della salita è più difficile, con diverse rampe che sfiorano il 15-16 per cento di pendenza; la seconda è un falsopiano più dolce, che vi lascia la lucidità per ammirare il meraviglioso scenario naturale in cui state pedalando. Siete nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, una meraviglia di vette alpine, praterie, laghi e ben 59 ghiacciai. Il padrone di casa qui non è l’uomo, ma l’animale, in particolare lo stambecco (simbolo del parco), il camoscio, la marmotta, l’aquila reale e lo scoiattolo. Arrivati a Cogne, vi accorgerete che anche qui la presenza umana è discreta e rispettosa: attorno al Prato di Sant’Orso, una distesa incontaminata di verde al cospetto del Gran Paradiso, gli chalet in legno e pietra si integrano perfettamente nel paesaggio. È sempre stato così. Se volete la conferma, oltre a regalarvi un’escursione in quota, fate un salto alla Maison Gérard Dayné, un’abitazione risalente al XVII secolo trasformata in un museo etnografico, dove scoprire la vita passata tra queste montagne.  

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