L’estrazione del sale dalle acque era praticata fin dai tempi antichi da una tribù celtica e, in seguito, anche i romani iniziarono con questa pratica, dopo aver assoggettato i celti, dal II secolo a.C. Nel 589 un terremoto modificò l’assetto geologico di quell’area, provocando l’abbandono delle saline. Fu Carlo Magno, fra l’VIII e il IX secolo, a ordinare la riattivazione delle sorgenti mediante la scavatura di pozzi riattivando, così, quella cruciale salina continentale. L’importanza di questa fonte spinse le diverse parti in lizza a contendersi la regione di Salso, nome ottenuto con un privilegio dell’877 del vescovo Guidubono o Vibodo. Nel 1204 fu scavato il Pozzo della Ruota, che a partire dal XVI secolo, sotto il Ducato Farnesiano, i condannati al carcere a vita erano costretti ad azionare manualmente per estrarre l’acqua salata, lavoro precedentemente affidato ai cavalli: nei primi anni dell’Ottocento questa pena fu proibita da Maria Luigia di Parma. Nel 1603, nel corso del ducato di Ranuccio I Farnese, fu realizzato un acquedotto composto da 76 archi per trasportare l’acqua salata: in quel periodo da ogni metro cubo d’acqua si potevano ricavare ben 120 kg di sale. L’estrazione del sale mediante riscaldamento comportò l’impiego dei boschi dei dintorni per procurare legname: un disegno cartografico del 1742 dimostrò come l’urbanistica di Salsomaggiore fosse influenzata dalla dislocazione dei pozzi e dall’organizzazione termale. Nel 1839 Lorenzo Berzieri, medico dell’ospedale di Borgo San Donnino, usò le acque di Salsomaggiore per curare una bambina affetta da un’affezione ossea considerata incurabile, creando così un caso che ebbe risonanza internazionale. Nel 1847 il medico Giovanni Valentini ottenne il riconoscimento ufficiale della qualità terapeutica delle acque. In seguito, nel 1852, Lodovico Rocca installò il primo rudimentale stabilimento, composto da semplici tinozze. Fu il conte Alessandro d’Adhèmar, nel 1852, ad aprire il primo vero e proprio stabilimento, che nel 1923 diventerà il Berzieri. Questo era dotato di 12 vasche attraverso le quali erano distribuite le acque madre, residuata dall’estrazione salina. Accanto alle attività termali, infatti, continuava anche quella delle saline. Ad ampliare lo stabilimento fu il governo ducale di Maria Luigia, insieme al marchese Guido della Rosa che contribuì ai lavori nel 1857. Alla fine del XIX secolo il professor Baistrocchi aprì un “sanatorium” per i meno abbienti. Sorsero parallelamente anche le terme Magnaghi, più eleganti e moderne, pensate per un pubblico più abbiente. Nel 1912 gli architetti Giulio Bernardini e Ugo Giusti si occuparono della progettazione dello stabilimento termale Berzieri; delle decorazioni fu incaricato Galileo Chini della manifattura ceramica “Fornace di San Lorenzo al Mugello”. Questa collaborazione fortunata tra Chini e Giusti darà al Berzieri la sua originale fisionomia.
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