Mulino di Baresi - Roncobello
Roncobello è ubicato nella Valsecca. Il nome ronco deriva dalle verdi abetaie del territorio, mentre l’aggettivo bello gli venne attribuito da Vittorio Emanuele II, affascinato dalla sua bellezza. Qui si può visitare il mulino seicentesco Gervasoni di Baresi, incastonato nel suggestivo paesaggio delle Prealpi orobiche, in Val Brembana. Il mulino è rimasto attivo fino al 1996 grazie al mugnaio Maurizio Gervasoni.
Raggiungendo la località Oro di Baresi, l’ultima casa è proprio quella della famiglia Gervasoni che, dall’alto, sembra vegliare sul torchio-mulino che si trova a 200 metri da qui. Sin dal XVII secolo, grazie al mulino, la famiglia ricavava i beni necessari alla sua sussistenza: farina gialla e bianca, miglio e olio di noci ad uso alimentare.
Il sito, che rischiava il decadimento, è stato, nel 2003, il secondo bene più votato tra “I Luoghi del cuore” del FAI, che nel 2005 lo ha acquistato dai proprietari, grazie ad una donazione di Intesa San Paolo, e restaurato.
Il pezzo più importante dell’intero complesso è rappresentato dal torchio per la spremitura delle noci che consentiva di ottenere olio di noce, usato sia come alimento per gli uomini e per gli animali che per l’illuminazione.
All’interno del mulino si trovano i resti delle ruote in pietra o in legno e alcuni bracci della teleferica che veniva utilizzata per fare arrivare al mulino la legna e strumenti di lavoro per il maglio e la macina. Un locale, adiacente al principale, ospitava una casera dove veniva lavorato il latte.
Anche Valtorta, all’ingresso del paese, accanto al torrente Grobia, ha un mulino visitabile che era utilizzato sia come maglio che come macina.
Il Mulino Bianco, oggi Museo Le Macine - Castione della Presolana
Castione della Presolana è un piccolo borgo di montagna della Valle Seriana, dove il turismo si è sviluppato notevolmente a partire dagli inizi del 1900.
Tranquillo e immerso nel verde, Castione è la meta ideale per famiglie con bambini e per il silver target; il suo centro è animato e caratterizzato da numerosi negozi, ma frequenti sono anche le aree immerse nel verde. Per mantenere il borgo nella sua estetica originale, il Comune ha emanato un PGT con regole molto rigide: i materiali da costruzione, incluse le ristrutturazioni, sono esclusivamente legno e pietra.
Non lontano dal centro si trova la Valle dei Mulini, sede di insediamenti umani sin dalla preistoria. La valle, incassata tra pareti scoscese, prende il nome dalla presenza secolare di numerosi mulini, ora quasi del tutto scomparsi; è attraversata da un torrente che ha creato canyon e alte falesie rocciose, note agli amanti dell’arrampicata sportiva. Da qui partono sentieri con gradi di difficoltà differenti.
Il Mulino bianco, di origine cinquecentesca e attivo fino agli anni ’60, a seguito di restauro, è stato trasformato nel Museo Le Macine. Il recupero si deve all’attuale proprietario che ne cura la manutenzione e che raccoglie con passione oggetti ed attrezzi legati alle tradizioni. Al piano inferiore trovano posto gli ingranaggi delle macine che lavoravano il frumento ed il granoturco.
Il Parco dei Mulini - Cerete
Cerete è situato all’incrocio tra la Val Seriana e la Val Cavallina ed è attraversato dal torrente Borlezza. Il paese è diviso in tre frazioni: Cerete Alto, Cerete Basso e Novezio.
L’Ecomuseo Val Borlezza è un’istituzione culturale che ha lo scopo di ricostruire, testimoniare e valorizzare la trasformazione e degli ambienti di vita e di lavoro locali. La presenza abbondante di acqua permise, in secoli passati, il proliferare di attività artigianali, soprattutto segherie, macinatura cereali, follatura della lana e fucine.
Tra i percorsi proposti c’è quello dei Mulini: gli anziani del luogo ne ricordano almeno otto disseminati lungo il corso dei torrenti Cula e Borlezza. Si parte dal parcheggio in prossimità del cimitero e ci si dirige verso il centro del paese. Le indicazioni portano al Pestù, un mulino specifico per la produzione del tannino, sostanza utile alla concia delle pelli; si prosegue fino ad arrivare ai forni in terra cruda, alle mole per i diversi tipi di cereali e, infine, all’Antico Mulino Giudici Pietro, uno dei pochi ancora attivi, rigorosamente in pietra ed alimentato ad acqua.
Costruito probabilmente nel XVI secolo, è il simbolo della storia di questo paese e rappresenta uno dei più celebri luoghi di interesse della Val Borlezza e della bergamasca.
È attualmente gestito da Flavio Vecchi, che lo ha rilevato dalla famiglia Giudici, per seguire la sua passione per i cereali e la loro lavorazione.
Durante i secoli, l’attività agricola sul territorio è profondamente cambiata: si è passati da quella di sussistenza, affiancata dall’allevamento tradizionale, ad una di mercato e, oggi, indirizzata alla sostenibilità e alla tutela della biodiversità attraverso la salvaguardia dei semi antichi.
Al Mulino di Cerete si macinano farro, frumento e avena, coltivati in modo bio per elevare la qualità e conservare le loro caratteristiche nutrizionali.
La scommessa del sig. Vecchi, in realtà, è una vera e propria “rivoluzione culturale” che coinvolge adulti e bambini alla riscoperta del mulino e delle antiche tradizioni della macinazione, con attività esperienziali e didattiche mirate.
Le farine sono acquistabili nello spaccio attiguo ma si possono trovare anche nei GAS, Gruppi di Acquisto Solidale
Per completare il tour è d’obbligo visitare il MaCer, Museo dei mulini, della macinazione e dei cereali, inaugurato nel 2018 dall’associazione “La Sorgente” ospitato all’interno della ex chiesa di San Rocco. In esposizione si trovano ricostruzioni di macine dell’età della pietra e di macchinari d’epoca ancora funzionanti.
Il Mulino di Bienno
Il nome originario di Bienno deriva da bhu, terra, e da ennus, corso d’acqua; da qui Buennum, “torrente delle miniere”.
Già nel I secolo d.C., ci sono testimonianze della lavorazione del ferro con incudine e martello ma non con acqua e maglio. Sarà solo nel X secolo che i Benedettini introdurranno i mulini e la ruota a pale. Il XV secolo, dopo la pestilenza che nel 1348 colpì tutti i borghi della Valle Camonica, Bienno incluso, fu il secolo della rinascita: il paese si arricchì e si abbellì grazie a monumenti, dimore e torri di cui rimangono numerose tracce e testimonianze tangibili.
La dominazione veneziana, che si concluse alla fine del 1700, potenziò le abilità dei fabbri camuni nel produrre armi e utensili di vario genere. Il 7 luglio 1634 un’imponente frana provocò l’esondazione del torrente Grigna che coinvolse l’intera valle; in particolare a Bienno crollò il ponte del Dosso e furono travolte 28 case con altrettante fucine. La Repubblica di Venezia aiutò la comunità locale nella ricostruzione riconoscendo il valore della “ferrarezza”.
Il mulino di Bienno, un tempo utilizzato per macinare il grano degli abitanti del paese, risale al 1400 ed è, oggi, di proprietà comunale.
Si sviluppa su tre piani: il piano terra è occupato dai macchinari mentre nei due piani superiori è visitabile la dimora del mugnaio, ben conservata, così come il Museo della vita contadina. Qui il visitatore si avvicina ad un mondo di altri tempi fatto di allevamento del bestiame, lavorazione del latte, frutticoltura e orticoltura, apicoltura, lavorazione della lana e molto altro...
All’interno del mulino possono essere acquistati i prodotti della macinatura.
Nel 2008 il comune di Bienno diviene uno de "I Borghi più belli d’Italia" ed entra a far parte del "Touring Club Italiano - Bandiera Arancione".