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Arte e cultura

Topografie della memoria

6 minuti

Topografie della memoria è un percorso sto­ri­co, ma anche emo­ti­vo del ter­ri­to­rio tra Go­ri­zia e No­va Go­ri­ca. Si compone di 10 tap­pe (6 a Go­ri­zia e 4 a No­va Go­ri­ca), segnalate con un totem sul quale è apposto un codice QR che con­sen­te l’ac­ces­so a una se­rie di con­te­nu­ti mul­ti­me­dia­li e au­dio­vi­si­vi. Ci sono in­ter­vi­ste, fil­ma­ti e fo­to­gra­fie raccolti nell’ambito di un progetto che ha coinvolto i cit­ta­di­ni di Go­ri­zia e No­va Go­ri­ca che han­no vis­su­to nel­l’a­rea di con­fi­ne nel­la pri­ma me­tà del No­ve­cen­to.

Queste storie personali dialogano con la sto­ria uf­fi­cia­le e valorizzano ­la spe­ci­fi­ci­tà sto­ri­ca dei luo­ghi del­la cit­tà spes­so di­men­ti­ca­ti o na­sco­sti.

Parco della rimembranza

Parco della rimembranza

Il Parco della Rimembranza fu inaugurato negli anni Venti del Novecento in un’area che fino ad allora aveva ospitato il cimitero cittadino. Nel 1929 vi fu collocato un tempietto neoclassico, opera di Enrico Del Debbio, dedicato ai volontari goriziani che nel corso della Prima Guerra mondiale (quando Gorizia apparteneva all’Impero asburgico) avevano scelto di arruolarsi nell’esercito italiano, disertando quello austriaco. Negli anni successivi il parco si arricchì di bu­sti, tar­ghe e mo­nu­men­ti in ricordo di personaggi ed eventi del Ri­sor­gimen­to e della Grande Guerra, diventando, in questo modo, un luogo simbolico dell’italianità di Gorizia.

Do­po la resa dell’esercito italiano agli alleati nel 1943, il parco divenne teatro di scontri tra i domobranci slo­ve­ni e i fa­sci­sti italiani: en­tram­be le parti era­no al­lea­te con i nazisti, ma allo stesso tempo erano in conflitto tra loro perché ciascuna ri­ven­di­cava il possesso del territorio di Gorizia. Nel 1944, il tem­piet­to, sim­bo­lo d’i­ta­lia­ni­tà, venne fat­to esplo­de­re dai do­mo­bran­ci con la complicità dei tedeschi. Le sue ma­ce­rie di­ven­ta­rono lo scenario per ma­ni­fe­sta­zio­ni e com­me­mo­ra­zio­ni della com­po­nen­te ita­lia­na del­la cit­tà. Nel 1946, durante una di queste manifestazioni, ci fu un attentato at­tri­bui­to ai grup­pi fi­lo-ju­go­sla­vi che in quella fase, in cui Gorizia era ancora gestita dal Go­ver­no mi­li­ta­re al­lea­to, sta­va­no lot­tan­do per l’an­nes­sio­ne della città al­la Ju­go­sla­via. In seguito all’attentato ci furono violente reazioni della popolazione italiana contro gli sloveni.

Trgovski Dom

Trgovski Dom

L’edificio del Tr­go­v­ski Dom (Ca­sa del com­mer­cio) fu commissionato dal Con­sor­zio com­mer­cia­le e in­du­stria­le sloveno di Gorizia all’ar­chi­tet­to Max Fa­bia­ni (1865-1962) nei primi anni del Novecento. In quel momento, la comunità slovena di Gorizia era molto numerosa e influente nella vita cittadina. Fa­bia­ni progetta un edificio innovativo nello sti­le e nell’or­ga­niz­za­zio­ne in­ter­na de­gli spa­zi, adatto ad ospitare isti­tu­zio­ni eco­no­mi­che e cul­tu­ra­li, uffici, ne­go­zi e anche un pic­co­lo tea­tro e una bi­blio­te­ca.  Il Tr­go­v­ski Dom diventa un centro di riferimento per la popolazione slovena della città e proprio per questo nel 1927 viene incendiato dai fascisti e poi trasformato in “Casa del fascio”. Tra il 1945 e il 1947, durante il periodo di amministrazione alleata, diventa invece “Casa del popolo”. È nuo­va­men­te espro­pria­to dal­lo Sta­to ita­lia­no nel 1947 e de­sti­na­to prima a se­de di uf­fi­ci pub­bli­ci e poi assegnato alla Le­ga na­zio­na­le. In questi ultimi anni è stato assegnato alla Biblioteca Statale Isontina e alle associazioni slovene, trovando così finalmente una collocazione che rispetta tutta la comunità cittadina. 

Da via Roma a piazza della Vittoria

Da via Roma a piazza della Vittoria

L’at­tua­le via Ro­ma, sguarnita di edifici fino alla Prima Guerra mondiale, assume un ruolo significativo durante il periodo fascista, diventando il per­no del pia­no di edi­li­zia pub­bli­ca pro­get­ta­to dal re­gi­me. Arteria privilegiata per raggiungere la piazza centrale, è stata lo scenario di diverse sfilate: nel 1938 ospita la sfilata cerimoniale in occasione della visita ufficiale del duce, nel maggio 1945 è attraversata dai par­ti­gia­ni ju­go­sla­vi, nel 1946 dai cor­tei fi­lo-ju­go­sla­vi, nel 1947 dai partecipanti alle ce­ri­mo­nie in ono­re dei mi­li­ta­ri an­glo-ame­ri­ca­ni e da coloro che ac­col­se­ro l’in­gres­so delle trup­pe ita­lia­ne nel 1947.

Da via Roma si raggiunge piazza della Vittoria, la piazza principale della città, teatro di tutte le più importanti manifestazioni cittadine nel corso del suo travagliato Novecento. Il 20 settembre del 1938 qui si tiene il comizio del duce, che è di ritorno da Trieste dove due giorni prima ha annunciato l’introduzione delle leggi razziali antiebraiche. Nel 1940, gli altoparlanti collocati nella piazza annunciano ai goriziani l’entrata in guerra e durante il conflitto è l’adiacente galleria Bombi a dar rifugio a molte persone durante i bombardamenti.

Dopo la resa italiana, tutta l’area del nord est dell’Italia passa sotto il controllo amministrativo e militare della Germania nazista. Le trup­pe te­de­sche oc­cu­pa­no tut­ti i prin­ci­pa­li pa­laz­zi del po­te­re e utilizzano la piazza per le loro sfilate.

Nel 1945, du­ran­te i qua­ran­ta gior­ni di am­mi­ni­stra­zio­ne jugoslava nella piazza sventolano le bandiere dei partigiani di Tito e poi, nei due an­ni di Go­ver­no mi­li­ta­re al­lea­to, quel­le in­gle­si e sta­tu­ni­ten­si. In questo periodo si susseguono anche le manifestazioni degli abitanti di Gorizia, che a seconda della loro appartenenza, rivendicano ­l’an­nes­sio­ne di Go­ri­zia al­la Ju­go­sla­via o al­l’I­ta­lia.

Nel 1946 arriva a Go­ri­zia la Com­mis­sio­ne al­lea­ta per la de­fi­ni­zio­ne dei con­fi­ni: il 27 mar­zo tren­ta­mi­la go­ri­zia­ni in­va­do­no piaz­za Vit­to­ria per so­ste­ne­re l’annessione all’Italia. Probabilmente, fu pro­prio questo episodio a indurre ­la com­mis­sio­ne alla scelta di lasciare Gorizia all’Italia.

Valico di frontiera di Casa Rossa / Rožna Dolina

Valico di frontiera di Casa Rossa / Rožna Dolina

Il valico di Casa Rossa, che diventò in seguito il principale valico di frontiera tra Italia e Jugoslavia, fino al 1955 era inaccessibile alla maggior parte delle persone. Il passaggio era infatti consentito solo ai contadini che avevano delle proprietà “dall’altra parte” ed erano quindi provvisti di un lasciapassare agricolo.

La divisione della città disposta dal nuovo confine nel 1947 creò molte difficoltà ai goriziani che avevano scelto di vivere in Jugoslavia, che si ritrovano senza un centro cittadino e quindi anche senza servizi e senza negozi. L’esasperazione dei cittadini di Nova Gorica si manifestò all’improvviso una domenica di agosto del 1950, quando una falsa notizia che annunciava l’apertura straordinaria del confine indusse le persone ad oltrepassare in massa il valico di Casa Rossa senza mostrare il lasciapassare. L’episodio non ebbe gravi conseguenze e consentì alle persone di rifornirsi di al­cu­ni semplici ge­ne­ri di uso quotidiano ormai in­tro­va­bi­li nella zona jugoslava, per esempio le sco­pe di sag­gi­na. Proprio questo oggetto darà il nome all’intera giornata, che ancora oggi è ricordata come “domenica delle scope”.

Valico del Rafut e Kostanjeviška Cesta

Valico del Rafut e Kostanjeviška Cesta

Quello del Rafut era un valico di seconda categoria, riservato agli abitanti della fascia confinaria muniti di lasciapassare. È collocato in una piccola strada che nel 1947 viene attraversata dal nuovo confine. Il tracciato confinario fu spesso definito in modo intransigente: in questo tratto, per esempio, si ricorda ancora il caso di una famiglia che si trovò con l’abitazione in Italia e la stalla in Jugoslavia. So­lo do­po i trat­ta­ti di Osi­mo del 1975 si riu­sci­rà a mo­di­fi­ca­re leg­ger­men­te il trac­cia­to ri­con­giun­gen­do al­cu­ne pro­prie­tà che era­no sta­te di­vi­se.
Oltre il confine, il percorso prosegue sulla Kostanjeviška Cesta (via Castagnevizza), dominata dall’omonima collina in cui sorge un monastero, oggi ricordato soprattutto perché vi sono sepolti gli ultimi re Bor­bo­ni di Fran­cia.

Piazza della Transalpina / Trg Evrope

Piazza della Transalpina / Trg Evrope

Il nome italiano della piazza è quello della sta­zio­ne del­la li­nea fer­ro­via­ria che fu inau­gu­ra­ta nel 1906 dal­l’Ar­ci­du­ca Fran­ce­sco Fer­di­nan­do per col­le­ga­re Trie­ste con Je­se­ni­ce e l'Eu­ro­pa cen­tra­le. Nel 1947, la piazza fu divisa dal nuovo confine e per molti anni fu con­trol­la­ta rigidamente dal­le guar­die confinarie. La fac­cia­ta del­la sta­zio­ne rivolta all’Italia aveva, accanto alla stel­la ros­sa simbolo del socialismo, anche la scrit­ta “Mi gra­di­mo so­ci­ja­li­zam” (Noi co­struia­mo il so­cia­li­smo).

Con l’adesione del­la Slo­ve­nia al­l’U­nio­ne Eu­ro­pea il Primo maggio 2004, la re­te divisoria che per più di 50 an­ni ave­va di­vi­so Go­ri­zia da No­va Go­ri­ca ven­ne ab­bat­tu­ta e la piaz­za rias­sun­se il suo ca­rat­te­re uni­ta­rio, a ca­val­lo di due Sta­ti. Simbolicamente, però, la piazza mantiene anche il nome sloveno Trg Evrope.

L’itinerario prosegue a Nova Gorica, la nuova città di moderna concezione che doveva diventare una “vetrina socialista” per l’Occidente.  Il primo progetto risale al 1947 e fu ispirato alle realizzazioni di Le Cor­bu­sier. Il progettista  Ed­vard Ra­v­ni­kar disegnò una cit­tà giar­di­no, con molte aree verdi e quartieri nettamente separati e distinti in base alla loro funzione: abi­ta­ti­va, com­mer­cia­le, am­mi­ni­stra­ti­va. Questo primo pro­get­to ven­ne rea­liz­za­to sol­tan­to in parte lun­go le due vie prin­ci­pa­li. In seguito, la riduzione dei mezzi finanziari impose nuove soluzioni. 

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