Il vino cotto, un tesoro di tradizione
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Diffuso fin dai tempi dell’antica Roma in diverse parti dell’Abruzzo, delle Marche e in altre zone dell’Italia centrale, il vino cotto a Roccamontepiano– piccolo centro montano della provincia di Chieti sul versante orientale della Maiella– rappresenta molto più di una semplice bevanda. La tradizione vuole che, alla nascita di un figlio, si prepari una botte da conservare nel tempo, magari da aprire il giorno delle nozze o in occasione di ospiti importanti.
Orgoglio di comunità: il Presidio Slow Food
Motivo di orgoglio per ogni famiglia che lo produce, il vino cotto si ottiene dalla cottura del mosto di vino. La cotta di Roccamontepiano si distingue non solo per la tecnica particolare, ma anche per la dimensione collettiva della produzione, svolta in un centro messo a disposizione dalla comunità grazie al GAL Maiella Verde. Questa cooperazione ha portato all’istituzione di un nuovo Presidio Slow Food, aggiungendo un prestigioso riconoscimento alle tipicità abruzzesi.
La magia della cottura
Il mosto, generalmente di uve Montepulciano d’Abruzzo, viene cotto a oltre 100 gradi per 7-12 ore, riducendone la massa di circa due terzi, più che in altre zone d’Italia per bevande simili. Successivamente si procede con la rabboccatura, aggiungendo mosto fresco in proporzioni uguali alla massa ridotta. «Ipotizzando una disponibilità iniziale di cento litri di mosto, se alla fine della cottura ne rimangono trenta se ne aggiungono altri settanta di fresco», spiega Adamo Carulli, presidente dell’associazione Produttori vino cotto d’Abruzzo e referente del Presidio.
Dal mosto alla bottiglia: fermentazione, invecchiamento e sapori unici
Dopo la fermentazione naturale, il vino cotto viene messo ad invecchiare in botti di legno. Trascorso almeno un anno la cotta è pronta, ma può affinare anche per decenni, superando talvolta i quarant’anni. L’elevata concentrazione di zuccheri conferisce al vino una gradazione di circa 15 gradi, mentre l’invecchiamento ne conserva la fragranza e migliora la qualità. Il vino cotto è la bevanda della convivialità: si serve con dessert o come digestivo, dal profumo intenso, retrogusto asciutto e sapido, con colori che variano dall’ambrato scuro al rosso granato, fino alla caratteristica tonalità “occhio di gallo”. La maggior parte del mosto valorizzato dal Presidio diventa vino cotto, ma può anche essere ingrediente di dolci tradizionali. I produttori aderenti sono riuniti nella Società cooperativa Vino cotto, dove ciascun produttore cuoce il mosto e può portare a casa il proprio vino cotto per l’autoconsumo o etichettarlo per la vendita. I quantitativi sono limitati: circa mille-cinquecento bottiglie, pari a dieci quintali di vino cotto all’anno.
Tradizione e innovazione nella lavorazione
Un tempo il mosto veniva cotto in grandi paioli di rame, “lu callare”, con pezzi di ferro e piatti di terracotta per regolare l’ebollizione. Oggi si usano calderoni d’acciaio con sistemi di controllo della temperatura, ma un vecchio paiolo è conservato come memoria storica. La tradizione viene mantenuta viva grazie alla grande festa del vino cotto, che ogni anno anima il centro storico di Roccamontepiano all’inizio di novembre, tra degustazioni, musica, folclore e passeggiate nei boschi.