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Arte e cultura
Lazio. Maremma Laziale, da Tuscania a Tarquinia

Maremma Laziale: da Tuscania a Tarquinia, storia e archeologia a due passi dal mare

Tipologia
Percorso in auto
Durata
3 giorni
Numero Tappe
6
Difficoltà
Facile

Pare che il termine Maremma derivi dal latino maritima, che stava genericamente a indicare un territorio pianeggiante e paludoso a ridosso del mare. Oggi l’appellativo Maremma comprende una vasta area a cavallo tra la Toscana e il Lazio: una striscia costiera che si spinge anche verso l’entroterra e che da Livorno si allunga fino all’estremità della provincia romana, nei pressi di Cerveteri e Civitavecchia.
Si dice Maremma e si pensa alla sua natura rigogliosa e selvaggia: da queste parti domina la cultura equestre dei butteri, i pastori a cavallo che, a capo di vaste mandrie, attraversano la campagna toscana e laziale, scendendo gradualmente verso le dune sabbiose del Tirreno.

L’identità della Maremma però non coincide solo con la natura e la pastorizia: buona parte di questo territorio si sovrappone infatti con la regione della Tuscia, che ha visto fiorire la civiltà degli Etruschi, come testimoniano alcune aree archeologiche di importanza mondiale.

Sviluppata lungo la costa del Viterbese, la sezione laziale della Maremma scende dalle colline di tufo (un materiale vulcanico facile da tagliare e lavorare) di Tuscania, Farnese e Canino giù fino al mare intorno a Montalto di Castro e Tarquinia. Un viaggio attraverso le bellezze di quest’area saprà alternare momenti dedicati all’archeologia e alla storia millenaria di questi luoghi, con giornate trascorse lungo il suo litorale, da vivere in ogni momento dell’anno grazie a un clima sempre piacevole.

Tuscania

Tuscania

Dominata dalle dolci linee dei monti Volsini e attraversata dalla via Clodia, che la collega a Roma, l’area di Tuscania è abitata senza interruzioni da quasi tre millenni. Era infatti già un centro di importanza strategica ai tempi della civiltà etrusca, e continuò a esserlo in epoca romana e medievale: nemmeno il grave terremoto del 1971 riuscì a interrompere la vitalità di questo antico abitato. Storica città d’arte e di cultura, l’odierna Tuscania si è inoltre ritagliata un ruolo importante anche per quanto riguarda la lavorazione di legno, terracotta e cuoio.
Punteggiato da torri, chiese e piazze suggestive, e circondato da una bella cinta muraria, il centro storico di Tuscania conserva lungo le sue vie diversi reperti archeologici, recuperati durante gli scavi ottocenteschi e posizionati nelle strade come elementi decorativi. Qui si può passeggiare tra le fontane e le chiese di piazza Basile e piazza Bastianini, prima di tuffarsi a capofitto nella storia etrusca presso il Museo archeologico nazionale di Tuscania.
Leggermente spostate rispetto alle mura medievali, due maestose chiese romaniche spiccano tra i luoghi di culto più significativi dell’intera regione. Procedendo dal centro storico verso est, si incontra per prima la suggestiva facciata della chiesa di S. Maria Maggiore, popolata da uno stupefacente insieme di elementi decorativi; camminando poco oltre si apre lo sguardo sulla basilica di S. Pietro, le cui linee architettoniche formano un complesso puzzle di influenze e stili.
Una visita di Tuscania non potrà fare a meno di approfondire odori e sapori di alcune tipicità enogastronomiche: tra le paste fresche si ricordano gli originalissimi lombrichelli mentre, dopo un secondo a base di cacciagione locale, sarà tempo di farsi raccontare da qualche abitante la ricetta segreta del diomenguardi, uno speciale dolce dall’anima autenticamente maremmana.
Prima di ripartire, meritano una deviazione le necropoli etrusche distribuite intorno a Tuscania, come quella della Madonna dell’olivo - Grotta della Regina, dove si rinvennero molti dei reperti oggi esposti nel Museo archeologico nazionale di Tuscania.

Farnese

Farnese

Lungo la strada che collega Tuscania a Farnese si incontrano rilievi collinari di origine vulcanica, che si fanno progressivamente più imponenti con l’avvicinarsi ai monti Volsini. Il percorso lambisce, senza mai toccarli, i bordi del lago di Bolsena, meta di turismo balneare grazie alle sue spiagge sabbiose e terra di vini Doc, come l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone e l’Aleatico di Gradoli.
Superato il comune di Ischia di Castro si giunge dopo pochi minuti a Farnese, che svela rapidamente le sue caratteristiche di borgo archetipico della Tuscia. Qui si ritrova infatti tutto quello che ci si aspetterebbe da un abitato medievale al confine tra Toscana e Lazio: la struttura ripida e circolare, arroccata su uno sperone di tufo; una serie di chiese e palazzi di grande fascino; la cordialità degli abitanti, eredi di antiche tradizioni che portarono il nome Farnese sulla bocca di mezza Europa.
Sì perché originari di questo borgo sono i membri della dinastia Farnese, che da qui hanno preso il loro nome. Una famiglia che, specialmente tra il Cinquecento e il Settecento, rappresentò una delle casate più potenti dell’aristocrazia europea.
Nonostante gli impegni politici ed ecclesiastici, i comandanti, i duchi e i papi Farnese non dimenticarono mai il loro territorio d’origine. Le vie e le piazze del borgo sono costellate infatti di opere commissionate durante secoli di dominazione in Tuscia, da scoprire in particolar modo visitando le chiese di Santa Maria della Neve e del Santissimo Salvatore.

Parco naturalistico archeologico di Vulci

Parco naturalistico archeologico di Vulci

L’influenza storica della famiglia Farnese continua a farsi sentire anche attraverso i luoghi bucolici che sorgono lungo la strada tra i monti Volsini e il mare. A Canino, nota per il suo centro medievale e per un pregiato olio di uliveto maremmano, nacque nel 1468 Alessandro Farnese. Assunto il nome di Paolo III dopo l’elezione a pontefice del 1534, questo papa passò alla storia soprattutto per aver ratificato la creazione dell’ordine dei gesuiti di Ignazio di Loyola.
A cavallo tra il comune di Canino e quello di Montalto di Castro, si giunge a Vulci, una località strettamente legata alle vicende etrusche e poi romane. Potente città a breve distanza dal mare, Vulci formava parte della dodecapoli etrusca, una rete di dodici città Stato capaci di stringere tra loro un’alleanza economica, religiosa e militare. A differenza di Tuscania, che continuò a fiorire anche dopo la conquista romana, Vulci patì gravemente la nuova dominazione, che ne sancì l’irrimediabile decadenza.
Attorno all’antico abitato di Vulci si sviluppa un Parco naturalistico archeologico. Se da un lato i resti di necropoli e domus dell’antichità costituiscono l’ossatura principale della visita, non mancano però a Vulci anche suggestivi percorsi escursionistici, da completare a piedi, a cavallo o in bicicletta. L’ambiente qui protetto e valorizzato plasma una perfetta cartolina della verdissima pianura maremmana, specialmente lungo le sponde del fiume Fiora che, scendendo dal monte Amiata, attraversa Vulci prima di buttarsi in mare a Montalto Marina.
Buona parte dei reperti archeologici ritrovati durante gli scavi in loco sono oggi esposti all’interno del Museo archeologico nazionale di Vulci, ospitato nel castello dell’Abbadia. Ancora una volta la famiglia Farnese riappare come protagonista delle vicende della Maremma laziale: pare infatti che sia stato il cardinale Alessandro Farnese (prima di diventare Paolo III) l’artefice dell’attuale aspetto della fortezza dell’Abbadia, posizionata strategicamente al lato di un ponte che scavalca una gola rocciosa scavata dal fiume Fiora.

Montalto di Castro

Montalto di Castro

La discesa verso il mar Tirreno è quasi completata quando, seguendo il corso del fiume Fiora verso sud, si entra nell’abitato di Montalto di Castro. Nonostante il suo nome latino (castrum montis alti) significhi letteralmente “fortezza dell’alto monte”, il paesaggio che circonda Montalto di Castro è in realtà quello più tipicamente costiero e maremmano, composto da ampie e pianeggianti coltivazioni recuperate e bonificate da territori un tempo paludosi.
Ancora una volta, si conferma la presenza costante della famiglia Farnese all’interno delle vicende passate della Maremma laziale: Montalto di Castro venne infatti affidata in feudo a Pier Luigi Farnese (figlio illegittimo di papa Paolo III) nel 1535, prima di entrare a far parte dello Stato Pontificio a partire dal 1649.
Alcune sezioni di un’antica cinta muraria circondano ancora il centro storico di Montalto di Castro, dove tra i viottoli e le suggestive piazzette si respira un’atmosfera autenticamente medievale, specialmente quando ci si imbatte nella maestosa mole del castello Guglielmi, simbolo della città, sulle cui torri merlate si arrampicano verdissime le piante di edera.
Lì dove il fiume Fiora si unisce alle onde del mare, lungo un litorale basso e sabbioso che sembra srotolarsi all’infinito, si è sviluppata una località balneare: Montalto Marina, frazione di Montalto di Castro. Tra i tratti di costa più integri da un punto di vista ambientale, ideali da esplorare in tutte le stagioni, si distinguono la spiaggia delle Murelle e la spiaggia Spinicci, leggermente spostate a sud dell’abitato di Montalto Marina. Soffici dune di sabbia grigio scura, un colore dovuto alla presenza di ferro tra i minerali, fanno da sfondo al paesaggio, brillante preludio a un momento di mare e aria fresca. A chi volesse esplorarlo con maschera e boccaglio, il fondale marino svela vaste praterie di posidonia, pianta acquatica tipica del Mediterraneo.

Tarquinia

Tarquinia

Da Montalto di Castro, percorrendo la via Aurelia verso sud-est, si accede a Tarquinia, adagiata su un dolce rilievo, dal quale si aprono splendide vedute sui vigneti e sulle coltivazioni circostanti, dove abbondano tra i diversi prodotti anche carciofi, angurie, peperoni e asparagi. A soli sette chilometri dal centro storico di Tarquinia, il fiume Marta, unico emissario del lago di Bolsena, sfocia nel litorale tirrenico.
Come Vulci, anche Tarquinia fece parte della dodecapoli, antica alleanza tra dodici città etrusche. Tuttavia, più che per qualsiasi altro insediamento della Maremma laziale, la storia di Tarquinia si lega allo sviluppo della potenza romana. Gli ultimi tre dei leggendari sette re di Roma (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo), al potere tra il VII e il VI secolo a.C., erano originari di questi luoghi.
Sono giunte fino ai giorni nostri testimonianze sensazionali della civiltà etrusca, da ammirare nella necropoli dei Monterozzi, tra i campi adiacenti il centro storico di Tarquinia. All’interno dei sepolcri scavati nella roccia di quest’area archeologica, protetta dall’Unesco a partire dal 2004 insieme alla vicina necropoli di Cerveteri, si svelano decine di tombe riccamente dipinte che raccontano degli usi e costumi del popolo etrusco.
Bisogna accedere al nucleo medievale e rinascimentale di Tarquinia per scoprire centinaia di reperti recuperati tra gli scavi della necropoli dei Monterozzi. Tra le sale del Museo archeologico nazionale di Tarquinia, ospitato nel prestigioso Palazzo Vitelleschi, abbondano sarcofagi, ceramiche, anfore e altri oggetti di uso quotidiano. Massimo capolavoro del museo e simbolo dell’intera città è un grande altorilievo in terracotta raffigurante due cavalli alati, una scultura dal grande dinamismo, che sorvegliava l’accesso a un importante tempio cittadino, quello dell’Ara della Regina.
Avvicinandosi temporalmente all’epoca contemporanea, tra le antiche mura e gli scoscesi vicoli medievali, una passeggiata nel centro di Tarquinia dovrà includere una visita di piazza Matteotti, del Duomo e delle chiese di S. Francesco e S. Maria in Castello: quest’ultima è considerata il più importante monumento romanico della città

Lido di Tarquinia

Lido di Tarquinia

Un viaggio a Tarquinia include un percorso di visita attraverso il suo territorio costiero: vicino al Lido di Tarquinia si profilano tratti di mare dal sorprendente valore naturalistico e, come spesso accade in Maremma laziale, anche archeologico.
Si può partire alla scoperta di questa sezione di litorale tra le rovine bordo mare del Porto Clementino: quello che in epoca etrusca e poi romana era il frequentato scalo commerciale di Gravisca fu restaurato per volere di papa Clemente XII nel 1738.
Poco più a sud, nei dintorni delle saline di Tarquinia ormai in disuso vivono diverse specie di uccelli acquatici, come germani reali, nitticore, cinciallegre e fenicotteri, per citarne alcune. La spiaggia più vicina alle saline è quella di S. Giorgio, libera e non attrezzata; superata la foce del fiume Mignone si apre infine il paesaggio incontaminato della spiaggia Bagni di S. Agostino, incastonata tra dune di sabbia particolarmente ricche di arbusti tipici della macchia mediterranea. 

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