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Itinerario
Molise

Da una morgia all’altra, tra il Biferno e il Trigno

Tipologia
Percorso in auto
Durata
3 giorni
Numero Tappe
7
Difficoltà
Facile

Morgia! Chi era costei?” Una domanda del genere, posta dal comune cittadino scherzando su un noto passo de I promessi sposi, potrebbe perfino suonare legittima. Non così in Molise, perché la parlata locale ha sempre chiamato morge gli imponenti speroni di roccia isolati che interrompono qua e là il paesaggio della regione. Le morge sono in realtà, soprattutto tra la media valle del fiume Biferno e in quella del Trigno, presenze importanti, non soltanto come curiosità geologiche nel disegno del territorio ma anche come segnali di storia degli insediamenti. Rintracciarle per conoscerle – e magari per fotografarle – può essere un obiettivo anche turisticamente stimolante.

In termini scientifici, i fossili che si ritrovano nelle morge confermano con certezza che si tratta di rocce sedimentarie di ambiente marino: enormi massi di calcare misti ad arenaria emersi dal mare milioni di anni or sono. Questo tipo di origine legata ad antichissime distese di acqua salmastra accomuna le morge alle Dolomiti, tanto che talvolta – anche se la composizione chimica e le altitudini non sono paragonabili – il fenomeno è definito “Piccole Dolomiti molisane”.

D’altra parte, una specie di caccia al tesoro che porti a raggiungere almeno una buona rappresentanza di questo genere di roccioni comporta altri vantaggi, perché i paesi e le realtà che si mettono in fila svelano parecchi altri generi di attrazioni: ambientali, architettoniche, artistiche, urbanistiche e perfino archeologiche. Il punto di partenza e di arrivo non può che essere il capoluogo Campobasso, che ha sì una sua altura sovrastante ma nessuna morgia vera e propria, come accade invece – lo si vedrà – a Pietracupa, a Bagnoli del Trigno o a Pietrabbondante.

Giorno 1

Campobasso

Campobasso

Il capoluogo del Molise, oltre che della sua provincia, è una città decisamente interessante sul pendio di un colle fra i bacini del Biferno e del Fortore, con i monti del Sannio e il Matese a fare da sfondo. Non è per nulla “in basso” – forse la radice del nome potrebbe venire dalla parola vassallo – e anzi la sua altitudine di circa 700 metri, fra vie scalinate e panorami sotto allo sperone roccioso con il Castello Monforte, non sfigura in un territorio che, poco più a nord, si popola qua e là dello svettare di morge.

Turisticamente parlando, oltre al Castello e al Museo Sannitico, che scava nei millenni del Molise con i suoi reperti, attraggono il clima dei vicoli in discesa dal borgo originario di formazione altomedievale e, in basso, la cosiddetta Città Murattiana, voluta all’inizio dell’800 da Gioacchino Murat – cognato di Napoleone, e in quei decenni re di Napoli – fra ampi viali, piazze e orti botanici degni di una città-giardino. È nei quartieri murattiani che si trova buona parte degli edifici pubblici e delle attività commerciali, ed è qui che si viene a passeggiare verso sera.

In termini di storia, si parte da un’origine forse longobarda per passare a un ruolo di capitale di contea sotto i Normanni, in una vicenda di domini esteri drammaticamente segnata dal terremoto del 1456. Ricostruita grazie alla signoria del condottiero Cola Monforte, la città ha poi visto alternarsi altre varie signorie, fino all’età napoleonica e al passaggio in Italia – con tutto l’ex Regno dei Borboni – dopo l’impresa dei Mille.

Castropignano

Castropignano

Da Campobasso l’itinerario in cerca di morge potrebbe raggiungere Castropignano per la strada statale 751. Così facendo, però,  si perderebbe una sosta a Oratino, che sta su una rupe calcarea molto prossima all’idea di morgia e ha a breve distanza un’altra rupe isolata con un’impressionante torre medievale in cima. Meglio allora scegliere la provinciale 41, che dopo aver passato Oratino raggiunge comunque – contando su una breve deviazione finale per la statale 618 – la meta intermedia proposta.

Anche Castropignano ha il proprio centro storico e il Castello d’Evoli arrampicati su uno sperone roccioso. Il paese affonda le sue radici storiche nelle epoche dei Sanniti, tra nono e primo secolo a.C., quando arroccarsi poteva essere molto utile – anche contro Roma, che alla lunga si impose – per difendersi da intrusioni indesiderate.

Un’altra caratteristica fondamentale dell’ambiente storico sono i tratturi, i percorsi per gli spostamenti stagionali delle greggi secondo un uso secolare noto come transumanza. Nella campagna di Castropignano accade che questa tradizione non sia del tutto perduta. Un’azienda agricola sulla strada verso Torella del Sannio, per la precisione in contrada Selva 42, ha praticato la transumanza sino a poco fa attraverso l’agro di Castropignano lungo il tratturo fra Castel di Sangro e Lucera. Oggi le loro greggi si spostano soltanto sulle colline vicine nella valle del Biferno, ma di formaggi niente male se ne producono ancora.

Giorno 2

Pietracupa

Pietracupa

Da Castropignano a Pietracupa – via Fossalto, per la strada statale 747 che opportunamente si chiama Fossaltina – c’è più o meno una ventina di chilometri. Quando si arriva, si ha di fronte la conferma che non tutte le morge sono isolate nel verde della campagna come invece succede altrove. Pietracupa ha una sua morgia che pare una culla per l’abitato: una massa nativa rassicurante che le case, le rampe in salita e la parrocchiale di S. Antonio sembrano abbracciare e, insieme, farsene sostenere. Come altrove, questa morgia è una grossa pietra “cupa”, ma non minaccia. Del resto in paese si trova un centro informazioni del Parco delle Morge cenozoiche del Molise.

Nel territorio fra Castropignano e Pietracupa si trova – fuori mano rispetto all’itinerario, ma è bene almeno accennarne – Torella del Sannio, con un Castello in cima al suo colle che sembra uscito da un trattato di architettura militare medievale.

Bagnoli del Trigno

Bagnoli del Trigno

Pure a Bagnoli – “del Trigno” per non confondere fra qui, Irpinia e Napoli – l’abitato ha come baricentro una morgia. Lo si constata subito, dopo aver guidato per una decina di chilometri da Pietracupa seguendo l’asse della strada provinciale 74.

Il Castello Sanfelice domina tutto dall’alto di una rupe più massiccia, ma il campanile che fa quasi da torre segnaletica alla chiesa di S. Silvestro e all’intero abitato sfrutta proprio uno di quegli speroni calcarei che l’itinerario sta via via rintracciando. Come a Pietracupa, il fenomeno geologico e l’aspirazione al cielo della comunità si sono storicamente aiutati a vicenda.

Una morgia tanto a picco sul paese come quella di Bagnoli non si presta facilmente a fare da palestra di roccia, funzione che invece in altri casi è messa in pratica. Non qui ma più nel cuore del Sannio, poco lontano da Frosolone, grazioso borgo Bandiera Arancione del TCI, la Morgia Quadra offre pareti invitanti per arrampicate e free climbing. La natura tra Frosolone e Sessano è decisamente più montana che non nella media valle del Trigno, con conifere, faggete, ampi pascoli, laghetti, balzi utili ai parapendii o ai deltaplani, e nel sottosuolo un mondo di grotte.

Pietrabbondante

Pietrabbondante

Qui – a oltre 1000 metri di altitudine, e a una ventina di chilometri da Bagnoli del Trigno per la strada statale 650 – la maggiore attrazione turistico-culturale è sicuramente data dal Santuario Italico vicino al paese: si tratta di un maestoso sito archeologico più che sufficiente a fare di Pietrabbondante una meta irrinunciabile. Vero anche, però, che a incastonare l’abitato svettano ben tre spettacolari morge, non trascurabili nemmeno da parte dei patiti di antichità.

Una di esse, il cosiddetto Castello, ha alla base la chiesa madre di Santa Maria Assunta, mentre un’altra morgia è detta “dei Marchesani” dal nome di una famiglia storicamente dominante in paese, e la terza la chiamano “dei Corvi” perché si dice faccia o facesse loro da nido. Percorsi creati sulla roccia incoraggiano a salire sul Castello e sulla Morgia dei Marchesani, a godere di un panorama ampio e perfetto anche per il silenzio.

Il nome del paese, comunque, deriva non dall’abbondanza di morge quanto da quella di pietra nel Santuario Italico, che resta un sito di primaria importanza per avvicinare la civiltà dei Sanniti.

Giorno 3

Trivento

Trivento

Non ci sono morge a contornare i saliscendi e le scalinate di Trivento, a quasi 900 metri di quota, ma è qui la sede del Parco delle Morge cenozoiche del Molise, l’istituzione che dal 2015 promuove il fenomeno geologico e ne raggruppa i comuni interessati. Lasciata Pietrabbondante si arriva a Trivento in una trentina di chilometri, lungo le strade statali 650 di Fondo Valle Trigno e 747 Fossaltina. Come a Pietrabbondante per il Santuario Italico, il nome Trivento ha origini sannitiche, mentre l’ambiente non può andare tanto all’indietro nel tempo e richiama piuttosto il medioevo. Risalgono a quell’epoca la Cattedrale e la Badia di S. Maria di Canneto.

Si torna comunque alle morge quando da Trivento si perde quota verso Limosano per incontrare nel territorio di Salcito la morgia probabilmente più emblematica – oggi si direbbe la più iconica, isolata com’è nella campagna – in località Pietravalle. Ma anche Limosano ha una morgia, e nell’abitato.

Fra Trivento a Limosano, lungo la strada provinciale 73a, Sant’Angelo Limosano si trova sullo spartiacque tra il bacino del Biferno e quello del Trigno, offrendo un panorama vastissimo che spazia dai Monti Frentani e del Sannio al Matese, alle montagne di Frosolone, alle Mainarde, alla Maiella e all’Adriatico fino alle isole Tremiti. Né si può dimenticare che Sant’Angelo è il luogo di nascita di Pietro Angelerio, poi Papa Celestino V, passato alla storia per il suo “gran rifiuto” dell’incarico pontificio nel 1294. Nelle terre delle morge, insomma, c’è anche la Grande Storia.

Ripalimosani

Ripalimosani

Sulla via del rientro a Campobasso, l’itinerario passa per Ripalimosani, praticamente a metà strada fra Limosano e il capoluogo. Anche qui niente morge – si è oramai al di fuori della zona tipica – ma in ogni caso festa di dislivelli e salite all’ombra di un campanile: quello di S. Maria Assunta. L’altitudine è diminuita, e ora ci si trova poco sopra i 640 metri sul livello del mare.

Accanto alla parrocchiale, dedicata all’Assunta, si trova il Castello, noto anche come Palazzo Ducale (o Marchesale) e oggi adibito ad albergo. Ma fra le ragioni che invitano a una sosta ci sono soprattutto due richiami di natura storico-religiosa: il Convento di S. Pietro Celestino, intitolato al Papa del “gran rifiuto” che è stato poi santificato, e una copia della Sacra Sindone – una delle  tre sole al mondo – fatta fare dai Savoia alla fine del ’500 a contatto con l’originale, da loro donata al sovrano spagnolo che allora governava sull’Italia meridionale, e ora custodita qui presso la parrocchiale.

Più laica è la dedizione locale ai mandolini, per i quali fino a qualche tempo fa in paese si fabbricavano corde. Sono ancora in pieno esercizio una Scuola Mandolinistica e il relativo Circolo Musicale intitolato a Pietro Mascagni: sarà bene controllare se quando si passa da Ripalimosani sia previsto un concerto, perché sarebbe una sorpresa.

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