A partire dal mese di febbraio 2020, il Palazzo Mozzi Bardini, che sovrasta l’antico Ponte alle Grazie, ospita la Direzione Regionale dei Musei della Toscana, la Segreteria Regionale del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e per il Turismo. Attualmente il Museo e la Galleria all’interno della struttura sono soggetti a ristrutturazione e, pertanto, non sono accessibili al pubblico. Questo edificio è stato edificato tra il 1266 e il 1273 ed è stato abitato da alcune delle più ricche e potenti famiglie di Firenze durante il periodo tra il Duecento e il Trecento, tra cui i Mozzi, che lo hanno usato come dimora per illustri uomini politici, condottieri, Papa Gregorio X e Piero d’Angiò. Tuttavia, a causa di difficoltà finanziarie, i Mozzi furono costretti a vendere le loro proprietà, che passarono ai Bardi e ai Nasi. La casata tornò in possesso della proprietà nel 1551, ampliando la sua area fino a Porta San Giorgio. Nel Settecento, il Palazzo subì una profonda ristrutturazione, progettata da Gasparo Maria Paoletti. Negli anni successivi, a seguito dell’estinzione della famiglia e dei rovesci economici, il Palazzo fu acquistato dalla Principessa Russa Vanda Carolath von Beuthen, per poi essere venduto nel 1913 a Stefano Bardini, noto mercante fiorentino. A partire da quel momento, l’edificio divenne un prezioso contenitore di numerose opere d’arte, circa 30.000, tra terrecotte, stucchi, stemmi, mobili, armi, frammenti architettonici e dipinti. Nel 1965, a seguito della morte dell’unico erede di Stefano Bardini, Ugo Bardini, la struttura rimase nuovamente abbandonata fino al 1997, quando lo Stato Italiano acquisì l’eredità Bardini e iniziò i lavori di restauro, tuttora in corso. La facciata del Palazzo, che presenta uno stemma dei Mozzi, è stata modificata nel corso dei secoli. Essa rappresenta una quinta scenica alla piazza che porta il nome della famiglia Mozzi, con una facciata severa e lunga a piccole bozze squadrate interrotta al centro dalla torre merlata e segnata al piano terreno da una successione di fornici, come era consuetudine nell’immagine che si aveva del Medioevo tra l’Ottocento e il Novecento.