Vista la ricca e complicata tradizione teatrale centese, risalente con molta probabilità al cinquecento, c’è possibilità che siano state messe in scena rappresentazioni in piazza e in palazzi sia pubblici sia privati già in questo periodo in occasione del carnevale e della locale fiera di settembre. Nel XVII secolo, la tradizione è collegata alle molteplici accademie sorte a Cento che si svilupparono in quel periodo. Dopo il 1598, Cento è stata reintegrata nel territorio pontificio da papa Clemente VIII. È stata proprio questa prospettiva di pace che ha predisposto i centesi ad allestire meravigliose giostre e appariscenti mascherate durante il carnevale; i più istruiti e ricchi si riuniscono in accademie. L’Accademia Della Notte fu la prima di queste accademie, i cui membri sembra avessero iniziato a riunirsi nel 1610. Per ravvivare gli accademici notturni, negli anni 1613-1614 Don Troilo Cabei incentivò, pagando lui i costi, due rappresentazioni che vennero messe in scena nella chiesa di San Biagio: "Il lugubre martirio di Cristo" e "Li tragici concerti d’Orbecco". Sembra che l’impianto fosse meraviglioso al punto che per ben cinque o sei volte la scena venne cambiata. Negli anni a venire furono messe in scena i "Novissimi e il Martirio di San Giovanni Battista". Nel 1618, per merito nuovamente dell’opera di Cabei, venne istituita l’Accademia dell’Aurora. Bartolomeo Fabri mise a disposizione della stessa una spaziosa sala caratterizzata da tre sale più piccole. Nel 1620, ci fu l’inaugurazione della residenza con la recita della favola "Il trionfo di Rosolemina", che sembra abbia conquistato i cuori degli spettatori. L’anno seguente venne messa in scena la favola pastorale "I figliuoli d’Aminta" del bolognese Ercole Pellicciari; successivamente, gli accademici auroristi rappresentarono il "Pastor fido" di Guarini, "la Clorinda e il Solimano". Nel 1634, l’accademia si divise per le discordie tra il Bianchi e il Cabei, il quale, dopo aver provato, senza risultati, di istituire una nuova accademia, fu obbligato a lasciare Cento. Bianchi si impegnò affinché venissero messe in scena varie rappresentazioni, di cui vennero apprezzate in particolare "La Taide convertita", che era abbellita da degli intermessi, "l’Atamante e la Bradamante", anche quest’ultima con intermezzi. Nel 1651, Cabei fece ritorno a Cento, riuscendo stavolta a istituire l’Accademia del Sole, che subito cominciò a gareggiare con quella dell’Aurora. Nel 1693 le accademie, in quanto tali, vennero chiuse. Nonostante ciò, gli accademici, mantenendo i nomi originari, continuarono a riunirsi soltanto con l’obiettivo di rappresentare commedie e per partecipare a giostre e a tornei carnevaleschi. Nel 1700, gli accademici dell’Aurora affittarono il teatro del senatore Sampieri bolognese, situato nel vicolo delle Beccarie, successivamente via del Teatro. Il teatro venne rimesso a nuovo e abbellito con pomposi scenari dipinti dal bolognese Orlandi e fu inaugurato con l’opera in musica "La ninfa bizzarra", che fu molto apprezzata: a Cento non si era mai vista cosa simile. Nel 1716, l’aurorista dottore Carlo Vicini, deciso a dare all’accademia una residenza sfarzosa, fece erigere a proprie spese un dignitoso e spazioso teatro che fu abbellito con scenari del Bibiena e soprannominato dell’Aurora. L’inaugurazione venne fatta con le opere in musica "La nemica amante" e "La moglie fortunata". Gli accademici del sole si riunivano nella chiesa del Rosario, in cui, nel 1711, vennero messe in scena "La vergine parigina", cioè l’amazzone del celibato, opera sacra in prosa di Simone Giani Fiorentino, e "La schiavitù fortunata" di padre domenicano F.M. Galeazzi. In questo periodo, Cento competeva con le prime città italiane nel rappresentare sulla scena le opere più ricercate composte dagli autori lirici e drammatici del Settecento. Per vari periodi, tutte le accademie beneficiavano della protezione di importanti patrizi bolognesi, quali per esempio il conte Lucio Malvezzi, il marchese Giuseppe Spada, il conte Filippo Pepoli, il conte Malvasia e il principe Filippo Hercolani. In seguito, alla fine del Settecento, era attivo a Cento il teatro Majocchi, in cui, nell’aprile del 1798, venne messo in scena il dramma giocoso per musica "Il poeta di villa" di Luigi Caruso. Vi si tenevano balli e, nel settembre del 1802, viene rappresentato il dramma giocoso "Le cantatrici villane", con musica di Valentino Fioravanti. Nel 1831, il comune compra da Giulio Majocchi per mille scudi questo teatro e lo fa ristrutturare, affidando i lavori di decorazione ai centesi Giovanni Borgatti e Antonio Guandalini. In occasione della tradizione fiera di settembre, venne fatta l’inaugurazione con l’opera "Il Barone di Dolscheim", il cui protagonista principale fu Giovanni Bonini dell’Accademia Filarmonica di Parma. Sistematicamente le varie stagioni teatrali si susseguono, concentrandosi quasi unicamente in autunno, durante la fiera. Nel settembre del 1843, viene messa in scena "La pazza per amore" e nel 1845 Lucia di Lammermoor, con la partecipazione dell’allora famoso tenore Agostino della Cella; l’anno seguente le opere in musica "Ernani e I Foscari"; nel 1847, durante le ultime recite de Il giuramento, negli intermezzi e fra l’entusiasmo del pubblico, è cantato un inno a Pio IX. Nel febbraio 1849 viene rappresentato "Radetzky" che era stato cacciato da Milano. Nel luglio del 1852 la compagnia teatrale drammatica, diretta da Luigi Pezzana, organizzò un corso di recite. Il 26 novembre 1856 il comune stabilisce la costruzione di un nuovo teatro comunale e al progetto partecipa anche l’ingegnere Antonio Giordani di Cento, in collaborazione con Fortunato Lodi. Nel 1874 fu ricostruito l’ex teatro Majocchi (poi comunale), il cui progetto venne fatto dallo stesso Giordani, e fu chiamato teatro sociale; nel 1924, ormai in abbandono, verrà dato a un privato che lo convertirà in un cinema-varietà. L’inaugurazione del nuovo teatro comunale venne fatta nel settembre del 1861 con "l’Isabella D’Aragona" di Pedrotti e la Traviata di Verdi, dirette dal maestro Leone Sarti. Le decorazioni in terracotta vennero effettuate dalla ditta A. Boni e C. di Milano, mentre gli scenari furono eseguiti dai centesi Gaetano Malagodi e Riccardo Fontana. Il sipario, che è ancor oggi custodito, venne dipinto dal bolognese Antonio Mussi, che vi raffigurò la visita della regina Cristina di Svezia allo studio del Guercino in Bologna. Concentrate come sempre soprattutto nel periodo autunnale, le stagioni teatrali includevano per lo più opere e, in minor numero, balletti e prosa. Alcune delle rappresentazioni furono indimenticabili, per esempio "La favorita di Donizetti", interpretata da Isabella Galletti Gianoli, nel 1865; il Mefistofele di Boito, con il tenore G. Cremonini, nel 1891; il soprano Maria di Nunzio, dopo un’appassionante interpretazione della "Gioconda", nel 1896, fu portata addirittura in trionfo. Tra le presenze importanti registrate nel teatro di Cento ci fu Giacomo Puccini che, nel settembre 1923, andò per presenziare alla rappresentazione di "Manon Lescaut". Nel 1924, il teatro venne intitolato a Giuseppe Borgatti, famoso tenore nativo di Cento, a cui nel 1933 fu dedicato anche un piccolo museo che ancora oggi ha sede nelle sale del ridotto. L’edificio, all’esterno, è dipinto a strisce ocra e siena bruciata ed esibisce una ricca decorazione in terracotta caratterizzata da fregi posizionati sopra le colonne del portico d’ingresso e sui contrafforti che sorreggono le arcate al primo piano; ci sono fregi anche intorno alle finestre e lungo i cornicioni, la decorazione che oltrepassa l’arcata superiore è abbellita da medaglioni con teste in rilievo. L’interno è costituito da una struttura semplice e raffinata. La sala presenta una pianta a ferro di cavallo che è circondata da tre ordini di palchi più loggione. I parapetti dei palchi sono ornati da una semplice decorazione a stucco, particolarmente attraente è l’originale soffitto con elementi in legno intagliato e dipinto (testa di leone, tralci ecc.). Altrettanto interessante è la ricca decorazione a stucco che viene ripresa anche nei capitelli di atri, ridotti, scale. Nel 1964, al teatro di Cento, che era da tempo inserito all’interno dei circuiti delle più importanti compagnie di opera e di prosa, fu dichiarato inagibile per motivi di statica. Ristrutturato in modo adeguato, fu riaperto al pubblico nella primavera del 1974. In tale ristrutturazione, è stato restaurato il palcoscenico con struttura portante in cemento armato, molto nociva per l’acustica e per l’elasticità del piano scenico. Sono state tolte e sostituite anche le graticciate ottocentesche, mentre resta fortunatamente l’antico sistema per il sollevamento della platea (purtroppo semisommerso da strutture per l’impianto termico) e anche le macchine per il rumore della pioggia e del tuono, di fattura particolarmente elegante.