Villa Floridiana venne acquistata, nel 1817 da Ferdinando di Borbone, che la utilizzò come residenza estiva per la moglie non nobile, Lucia Migliaccio di Partanna, duchessa di Floridia che aveva sposato in Sicilia soli tre mesi dopo la morte della regina Maria Carolina.
Per la ristrutturazione dell’intero complesso, che comprendeva, oltre al Parco, un piccolo casino e una coffee-house, fu incaricato l’architetto Antonio Niccolini, che vi lavorò dal 1817 al 1819. Il progetto prevedeva un edificio con corpo centrale rettangolare e due bracci perpendicolari e simmetrici, rivolti a Nord.
All’ingresso centrale, l’architetto, ispirandosi alla soluzione utilizzata al Teatro San Carlo, aggiunse una piccola area porticata destinata alle carrozze. La facciata a Sud, posta su tre livelli essendo scosceso il terreno, Niccolini ideò un basamento in pietra lavica con una scalinata in marmo a doppia rampa, in grado di unire la Villa al Parco, offrendo un’incredibile veduta sulla città.
Nel 1826, con la morte della Duchessa, la Villa e il Parco vennero ristrutturati più e più volte dagli eredi. Questo fino al 1919, anno in cui vennero acquistati dallo Stato e per farne un polo museale. Dal 1931, il Museo Duca di Martina ospita una delle maggiori raccolete italiane di arti decorative: sono presenti, infatti, oltre 6000 opere fatte a meno in Occidente e Oriente, che vanno dal XII al XIX secolo.
Il Museo prende nome dalla raccolta che venne realizzata nella seconda metà dell’Ottocento da Placido de Sangro, duca di Martina, e donata alla città di Napoli nel 1911 dai suoi eredi. Il duca si era trasferito a Parigi all’Unità d’Italia, dove aveva iniziato ad acquistare oggetti d’arte applicata, entrando nei circoli dei collezionisti europei di fama e partecipando ai vari Expo.
Niccolini, inoltre, realizzò, tra il 1817-1819, il progetto per la ristrutturazione dei giardini all’inglese, secondo la moda del tempo. Utilizzò il naturale andamento del terreno digradante verso il mare, alternando ampi prati e aiuole, con quinte scenografiche, a zone "a boschetto’"e terrazzamenti scoscesi.
Intorno all’edificio principale scelse soluzioni simmetriche, in pieno stile Neoclassico. Creò, inoltre: un luogo per le rappresentazioni all’aperto, un luovo votivo in stile ionico, le serre e alcune grotte per animali esotici, elementi architettonici, questi, ancora apprezzabili nell’area del Parco.