La Donnafugata del Gattopardo non è quella che immaginiamo

Giunti di fronte al castello di Donnafugata, infatti, i visitatori scoprono l’amara verità: non sono quelli gli appartamenti abbandonati della dimora dei Salina in cui Lampedusa riprende Angelica e Tancredi in un’atmosfera pregna di sensualità; nel romanzo l’autore fa rivivere lo splendido palazzo di Santa Margherita del Belice, luogo felice della sua infanzia, e Palma di Montechiaro, origine del suo casato dove Lampedusa torna prima di morire, per ritrovare il prestigio, ormai decaduto, della sua famiglia.
La casa natale e i palazzi che appartennero alla sua famiglia sono un pilastro della sua identità e i luoghi felici, perduti per espropri o bombardamenti, sono parte fondante della sua vita e della sua famiglia tanto che la madre dell’autore, Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, passando accanto alle mura di Palazzo Lampedusa, allungava la mano per toccarle e si portava le dita alle labbra, per poi poggiarle di nuovo all’intonaco; anche quando fu semidistrutto dai bombardamenti del ’43 non volle abbandonarlo e si trasferì nelle stanze rimaste intatte, dove morì sola.
I luoghi di Tomasi di Lampedusa a Palermo

Palazzo Lampedusa, dove l’autore nacque il 23 dicembre 1896, è una riconquista recente: in stato di completo abbandono per decenni, è ora parzialmente visitabile. Il magnifico cortile è stato ricostruito, dal 2011 al 2015, basandosi anche sui “Ricordi d’infanzia” dello scrittore che così lo descrive: "La casa (e casa voglio chiamarla e non palazzo, nome che gli è stato appioppato com’è adesso ai falansteri di quindici piani) era rintanata in una delle più recondite strade della vecchia Palermo, in via Lampedusa, al n. 17, numero onusto di cattivi presagi ma che allora serviva soltanto ad aggiungere un saporino sinistro alla gioia che sapeva dispensare. (Quando poi, trasformate le scuderie in magazzini, chiedemmo che il numero fosse mutato ed esso diventò 23, si andava verso la fine: il numero 17 le portava fortuna)."
Palazzo Lanza Tomasi, in via Butera, è la dimora in cui l’autore trascorse gli ultimi anni della sua vita insieme alla moglie. Posta nell’antico quartiere arabo Kalsa, accoglie oggi un museo dedicato all’autore: è possibile visitare la biblioteca e la sala da ballo in cui sono esposti i suoi manoscritti, tra cui quello del Gattopardo.
Altro luogo da visitare sempre in via Butera è l’ex Albergo Trinacria, dove Tomasi di Lampedusa ambienta la morte del suo protagonista, don Fabrizio Salina, e che oggi è sede di numerose mostre.
Purtroppo in rovina e non visitabile, anche Villa Tomasi a San Lorenzo Colli faceva parte delle proprietà di famiglia: proprio lì il bisnonno di Lampedusa usava i suoi cannocchiali.
Dov’è stato girato Il Gattopardo di Visconti

Palazzo Valguarnera Gangi a Palermo è un altro luogo da visitare in questo itinerario “lampedusiano”.
Fu in questo palazzo che Visconti girò le scene del ballo, con un'attenzione maniacale ai dettagli. Realizzare un film nel modo più fedele alla realtà era quasi un’ossessione per Visconti, ecco perché scelse costumi d’epoca, e i cannocchiali di don Fabrizio erano quelli appartenuti al bisnonno dell’autore, e, tra i consulenti del regista ci fu anche il figlio adottivo di Lampedusa.
Anche la scena dell’ingresso dei Mille a Palermo impegnò molto il regista in quei luoghi, ora restaurati, al tempo poveri e decadenti macerie della Seconda guerra mondiale. Villa Boscogrande a Cardillo, poi, nei pressi di Palermo è stato il set cinematografico per i titoli d’apertura del film. La scena, con i personaggi che prendono a interagire con lo spazio ognuno a modo proprio, a seconda della classe sociale, è una delle chiavi di lettura più affascinanti del romanzo. Le interazioni dei personaggi con lo spazio mutano man mano che si fa strada la borghese Angelica: il ceto aristocratico si disfa, l’equilibrio comincia a sgretolarsi e con esso anche lo splendore degli ambienti.
La Donnafugata del Gattopardo

Su consiglio di Gioacchino Lanza Tomasi, Visconti, per girare le scene che nel romanzo sono ambientate a Donnafugata, sceglie Ciminna, un piccolo paese vicino Palermo; gli scranni lignei che incorniciano i primi piani della famiglia Salina, incartapecoriti come il loro ceto, si trovano nella chiesa di Santa Maria Maddalena, in piazza Matrice. La sistemazione della località, per renderla fedele al libro, richiese non pochi sforzi al regista che, forse per la nobile discendenza, con ogni probabilità doveva sentire molto affine alla sua la storia del Gattopardo.
Visitare i luoghi del romanzo: Il Gattopardo e Palma di Montechiaro

L’itinerario continua nei luoghi della realtà. Tomasi di Lampedusa fino alla morte è patron di Palma di Montechiaro, per il fatto che i suoi antenati la fondano nel ‘600; tra questi anche Isabella Tomasi, la Beata Corbera del romanzo. Questo è un altro punto in cui fiction letteraria e realtà s’intrecciano: don Fabrizio fa una visita al Monastero delle Benedettine in clausura a Donnafugata, e proprio per la sua carica di patron del luogo è l’unico uomo che possa accedervi. Altro luogo da visitare è Palazzo Ducale, in passato sede di uffici pubblici, è oggi aperto al pubblico.
Santa Margherita del Belice, giardino del Gattopardo

Palazzo Filangeri di Cutò a Santa Margherita del Belice è uno dei luoghi più amati da Tomasi di Lampedusa e da sua madre. La furia distruttiva del terribile terremoto del Belice del 1968, aggiunse poco alla già rovinosa fine del palazzo che la famiglia di Lampedusa perse per i debiti anni prima.
L’immensa villa con giardino è un altro dei paradisi perduti dell’infanzia del principe: una villa con un teatro annesso, una chiesa adiacente e un rigoglioso cortile dove in cui il protagonista del romanzo si diverte a guardare il cane che devasta aiuole e dove il caldo fa degenerare anche l’odore dei fiori.
Sede oggi del Municipio e del Parco Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, conserva le riproduzioni del manoscritto originale del Gattopardo, lettere e foto d’epoca. Sempre tra queste antiche mura è ospitato inoltre un Museo che celebra il film di Visconti.
Altro luogo amatissimo dall’autore da includere nell’itinerario è Villa Piccolo a Capo d’Orlando, residenza dei cugini dell’autore. Affacciata da una collina dalla quale si vede il mare, la villa ha un grande giardino. Un pergolato di glicine, alberi da frutta, specchi d’acqua e fiori fanno da sfondo alla lunga panchina chiamata “il pensatoio”. Certamente il giardino e il talento poetico del cugino Lucio dovettero ispirare Tomasi che qui scrisse una parte del romanzo.
La storia editoriale del Gattopardo fu comunque molto travagliata: rifiutato da Vittorini per la collana “I Gettoni” di Einaudi, passò sulla scrivania di Elena Croce e per le mani di Giorgio Bassani, che finalmente ne curò la pubblicazione con Feltrinelli solo nel 1958, dopo la morte dell’autore.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì nel ’57, pensando che il frutto del suo lavoro e della sua vita non sarebbe stato mai pubblicato.